giovedì 30 novembre 2017

Alì, il pugile che lavorava con le parole: presentato al Dam il nuovo libro di Mazzeo

Martedì pomeriggio 28 Novembre 2017 il professore Marco Mazzeo ha presentato il suo ultimo libro Il Sofista nero - Mohammed Ali oratore e pugile (Derive Approdi) insieme a Fortunato Cacciatore, docente di Filosofia, e Oscar Greco, ricercatore ed ex pugile. La presentazione, che è avvenuta al DAM dell'Università della Calabria, si è concentrata sulla figura di Mohammed Ali/Cassius Clay non tanto come pugile quanto come oratore. A sottolineare quanto Alì fosse lontano dai canoni standard dei pugili di un tempo, è stato Oscar Greco: Ali fu colui che anticipò le correnti di pensiero dell'epoca, sfruttò la sua posizione non tanto per affermarsi come sportivo o pugile, quanto per affermarsi come comunicatore.

I ain’t got no quarrel with the Vietcong’, con questa frase Ali riuscì ad infrangere tre tabù contemporaneamente: la figura del pugile diventò parlante, si schierò pubblicamente contro la segregazione dei neri e si dichiarò contrario alla guerra in Vietnam, cosa impensabile per quei tempi. Alì anticipò il tempo attuale utilizzando la società dello spettacolo per comunicare, riuscì a mettere insieme due cose ben distinte come i pugni e le parole, diventando così una vera e propria spina nel fianco, un vero e proprio simbolo del movimento di contestazione degli anni Sessanta e Settanta, e andando oltre lo sport.
Un passo piuttosto noto di Ludwig Wittgenstein, filosofo tedesco vissuto negli anni Trenta e figura emblematica della filosofia del Novecento, afferma che la differenza tra dire e praxis, si racchiude nella distinzione tra parlare e cucinare: la stessa differenza c'è, secondo il professore Mazzeo, tra parlare e fare a pugni, Mohammed Ali mette insieme il pugno (praxis) e la parola (dire). "La più grande versione addomesticata di Mohammed Ali è Masterchef – ironizza l'autore - Masterchef è fare cucina attraverso le parole, è un programma di cucina dove il gusto è assente e funziona perchè è parola”. Ali anticipa la convergenza tra prassi e parola, al posto della cucina utilizza il rifiuto a combattere la guerra e i pugni sul ring.
Ma perché Alì è un sofista? Nel mondo antico i sofisti erano figure dell'ambilenza – ha spiegato il professore Cacciatore - perché i sofisti potevano essere sia filosofi che politici, figure classicamente ben distinte. Ali è ambivalente perchè associa corpo e verbo - continua il professore - e facendo leva sulla società dello spettacolo il pugile capisce prima di tutti la vera potenza della parola, il suo lavoro linguistico arriverà ad un punto in cui si fonderà con la boxe diventando così, forse prima di tutti, un lavoratore del linguaggio, anticipando il mondo del lavoro di oggi che ha come perno nella sua struttura proprio la parola.
Quale boxe può esserci dopo Mohammed Ali? Quale mondo può esserci dopo che il capitalismo linguistico ha straordinariamente trionfato? Ali non ci da una risposta - conclude Mazzeo - ma grazie ai cortocircuiti che ci sono tra lavoro e linguaggio magari un giorno, proprio da li, dove c'è il massimo sfruttamento o da dove non ce lo aspetteremo mai, potrà finalmente emergere questa contraddizione che mette a lavoro, quantificandolo, qualcosa che è difficile da quantificare, cioè una prestazione linguistica. Masterchef ci mostra la sua addomesticazione e Mohammed Ali ci fa vedere come questo dispositivo a volte può essere capovolto dall'interno”.
Nicola Durante

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