mercoledì 28 novembre 2007

Trasporti, invito alla mobilitazione

Riceviamo e pubblichiamo il documento stilato da alcune associazioni studentesche per promuovere una giornata di mobilitazione sul problema dei trasporti, che si terrà giovedì 29 novembre 2007 a partire dalle ore 10:00 alle pensiline e proseguirà con una pubblica assemblea alle ore 12:00 in un'aula di sociologia (inizio ponte).

"Mobilitiamoci"

La situazione del trasporto pubblico fra Cosenza e l’Università è divenuta insostenibile: mezzi affollati negli orari di punta, mancanza di organizzazione e di informazione, scarsità di autobus, corse poco frequenti, autisti che non effettuano le fermate previste, corse saltate arbitrariamente, assenza di corse notturne. Considerato che il servizio non è gratuito e che gli studenti lo pagano ogni giorno attraverso ticket e abbonamenti (anche abbastanza onerosi rispetto al servizio offerto): rivendichiamo il diritto a viaggiare meglio, ridimensionando le tariffe per tutti e rendendo gratuito il servizio almeno per i borsisti (estendendo anche alle corse diurne il servizio già fornito dal Centro Residenziale attualmente limitato a quelle notturne).

A nostro avviso c’è bisogno di un’inversione di rotta, non possiamo più tollerare questi disservizi che incentivano l’utilizzo delle auto e quindi la paralisi del traffico all’interno del campus.
Infatti se il numero degli studenti in questi ultimi anni è cresciuto esponenzialmente, altrettanto non è successo per i trasporti.

Dobbiamo rimettere in discussione le seguenti questioni:

• L’attuale modalità organizzativa causa evidenti sovrapposizioni delle corse, e ci vede costretti ad aspettare un’ora prima della corsa successiva. Riteniamo che la cadenza oraria sia davvero inadeguata. Chiediamo una riorganizzazione delle corse, affinché abbiano una cadenza non superiore ai 30 minuti, SEMPRE, non solo durante l’orario dei pasti. Perché non estendere (ecco una bella proposta!) il percorso della “circolare” fino all’Università?

• È inoltre inesistente la mobilità tra università e città, e viceversa, negli orari notturni. Perdendo l’ultima corsa ( che si “aggira”, forse!, tra le ore 23:00/23:50) diventa impossibile per uno studente non automunito tornare agli alloggi all’interno del campus qualora si trovasse fra le vie di Rende o Cosenza, oppure tornare al proprio alloggio in città qualora avesse deciso di partecipare alle attività organizzate all’interno dell’università.

• Il servizio di trasporto interno, attraverso i bus navetta, è pressoché al collasso.
Per questo chiediamo il potenziamento del servizio e una riorganizzazione dei percorsi dei bus per permettere la fruizione del servizio anche da parte di chi abita in prossimità del campus (Arcaverde, Arcavacata, zona Monachelle, Rocchi e Dattoli). Inoltre si potrebbero promuovere modelli alternativi di mobilità, quali ad esempio l’utilizzo di biciclette: a proposito, che fine hanno fatto quelle già acquistate l’anno scorso e mai utilizzate?

• Da tempo immemore si discute della leggendaria metropolitana leggera: più amministrazioni nel corso degli anni hanno dichiarato in campagna elettorale di volerla realizzare, ma nessuna ancora è riuscita a dar l’avvio ai lavori. Chiediamo che le amministrazioni interessate agiscano in fretta senza perdersi in inutili diatribe che altro effetto non hanno se non quello di fossilizzare un progetto che consentirebbe all’università di riacquistare il carattere di campus immerso nel verde.


Chiediamo a gran voce un incontro con i rappresentanti delle istituzioni preposte (Consorzio autolinee, UniCal, comuni di Rende e Cosenza, Provincia CS, Regione Calabria) che, a vario titolo, sono responsabili di questa annosa e indecente situazione.

Coordinamento Sinistra Universitaria

lunedì 26 novembre 2007

I racconti dell'Unical - 1° puntata

Con questi temporali di settembre l’università della Calabria sembra un barcone alla deriva senza ciurma. Solo Capitan rettore si aggirava solingo tra le mura color arancia, arzigogolando strategie per una candidatura alle prossime elezioni. Alle ultime regionali gli era andata piuttosto male, aveva lesinato a sinistra e a manca, ma nessuno aveva avuto per lui il dovuto riguardo, quello che un rettore meriterebbe. Eh sì, la linea di continuità dalla poltrona rettorale a quella regionale si era spezzata per motivi di vario tipo, primo fra tutti l’incapacità del poveretto a formulare un pensierino, che si dica un pensierino, ai limiti della decenza, da spacciare in pubblico. Nei dibattiti in piazza finiva sempre per fare la figura di chi ha messo il silenziatore al cervello, con il pubblico assopito dopo le prime tre frasi.
Insomma, una pena, anche se c’era sempre un gruppetto di professori universitari lecchini che, alla fine delle strazianti performance, si presentava a stringergli a turno la mano. Qualcuno con fare cameratesco si spingeva fino a dargli pacche sulla spalla mentendo sull’illuminante discorso, e pensando che in fondo era pur sempre il rettore, e che quella sua promozione ad ordinario, in fondo, dipendeva più che dal concorso dalla compiacenza. In terre calabre, negli anni settanta, l’università era stata vista come occasione di riscatto per risollevare le sorti di quella regione sottosviluppata, ma sorvoliamo perché eravamo partiti dai temporali di settembre e come sempre se non si segue un filo non si sa dove si và a finire.
Gli studenti all’Unical, nei primi giorni di settembre, sciamano dalle pensiline, dai parcheggi sempre affollati, per poi perdersi in cerca di aule e uffici. Settembre è il mese dei test d’ingresso, se superi il test entri altrimenti ti freghi. In giro ci sono anche studenti con la faccia da esame, in cerca di esami da arraffare, e poi ci sono anche i prof. in maniche di camicia, con le braccia corte pelose e l’aria annoiata che agli esami dicono: “avanti il prossimo”, mentre pensano al prossimo consiglio di facoltà, quello in cui bisogna bloccare il tentativo di golpe capeggiato dal solito prof. Pincopallo.
L’impressione è che passino buona parte del tempo a brigare tra relazioni, marchingegni, avanzamenti di carriera. In queste cose non bisogna peccare di dabbenaggine, basta girare lo sguardo e dal piatto spariscono le posate e la carne: nomine, incarichi, soldi, potere. Non a caso le cariche sono così ambite, altro che faide! Evviva, e “avanti il prossimo”.
Alla sera certi professori ripartono per raggiungere le mogli e i figli che hanno lasciato al mare, altri si fiondano sui treni per sfuggire ad un’altra notte da passare ad Arcavacata, Rende, Cosenza. Ai convogli, quelli dell’università, si riconoscono: uomini e donne di mezza età, e su di lì, salgono le scalette del treno con il loro quotidiano, la faccia stanca, ma con la contentezza di chi è riuscito ad imbarcarsi sull’ultimo traghetto in partenza dalle campagne calabre di Castiglione Cosentino; donnine con i loro completini coordinati e l’immancabile valigetta a cui si aggiunge il trolley falcia falangi. Ahhhh, quanta bella vita passa sulla stazione di Castiglione dove al bar, infondo, un prof. viene ancora trattato con riguardo, cosa che invece sul treno non avviene. I cessi sono sempre sporchi e il bar lascia molto a desiderare.
Per i pendolari contrattisti le cose si complicano, guadagnano sui mille euro per un corso di cinque crediti, e con i soldi che guadagnano, anche se ti capita la giornata buona, con il fornetto che riscalda i panini, rischi di lasciare sulla Freccia del Sud buona parte dei soldi che riceverai in comode rate in sei, dodici o ventiquattro mesi. Sul treno non mancano discussioni dotte e soprattutto vivaci, tanto da addormentare un insonne: “Certo l’università è in rovina, dice il professore,- chiamiamolo De Matti per capirci, ma che volete, continua con tono trombonesco, infilando qua e là un po’ di termini in latino, dando parvenza di cultura alta- vado a Napoli per il concorso di Piccillis, vi ricordate il figlio di Giorgio Piccillis lo studioso di Kantzzz (pronuncia aspirata alla cosentina)?. Bravo ragazzo, ma io la carriera universitaria non la consiglierei più a nessuno visto come stanno andando le cose dopo l’ultima riforma. Ehhh, che volete fare, alle mie figlie lo avevo detto, ma loro niente, testarde come il padre. Eh, che volte fare…ognuno al mondo s’inventa come campare”.
Intanto in una delle case di Arcavacata un’aspirante studentessa aspetta l’indomani per superare il test di valutazione dei crediti formativi. Ha pagato 200 euro per una stanzetta, lei viveva a Bocchigliero e questa è la prima volta che si allontana da casa. “Non ci capisco niente, dice, fra sé e sé, mi sembra di stare in banca, non ho nemmeno iniziato e già mi trovo a fare i conti con questi crediti, ma che sono mai stì crediti da 5, da 6, 7. In segreteria c’era una fila come al concerto di Vasco Rossi e come fai a chiedere e a farti spiegare?. Questo posto mi sembra peggio di come me lo potessi aspettare, un gran casino, ma per fortuna quel tipo con i capelli neri e gli occhi belli oggi mi ha dato una mano. Lui studia qua già da due anni è spierto del sistema, dice fai più esami che puoi e scappa, che tristezza! E quindi?, e quindi la barca và, l’Unical come una larva gigante si riempie giorno dopo giorno di studenti e di sera si svuota come una giostra che spegne le luci, verso le otto di sera il ponte diventa una zona di transito per pochi passanti veloci. Sembra un supermarket dei saperi a credito, se accumuli molti crediti sulla tua carta di fedeltà all’azienda, il libretto, alla fine ti danno una pergamena che attesta e riconosce la tua laurea che vale meno di quei regali insulsi della raccolta punti. Che tristezza! Mia madre continua a chiamarmi per assillarmi con le sue preoccupazioni: fai attenzione, non uscire, chi hai conosciuto? i professori come sono? Per lei è un vanto avere la figlia all’università, ed io le lascio credere che tutto va bene, anche se non è così”.

Intanto c’è in corso un consiglio di Dipartimento in cui è già stato tutto deciso dai soliti pochi, intorno al tavolo c’è un po’ di gente che finge di essere interessata, anche se di fatto sa che deve solo dire: “approvato”. La storia continua, non mancate le prossime puntate…..

Zip zop

Settanta volte Calabria, lo spettacolo di Mana Chuma Teatro

Gli anni ’70 e la Calabria. Un binomio inesistente. Eppure, in quegli anni, lo stesso fermento che si respirava nella penisola era uguale, se non di minore intensità, a quello vissuto nella nostra regione.
“ ‘70voltesud”, lo spettacolo del gruppo teatrale “Mana Chuma” (in grecanico “madre terra”) Massimo Barilla e Salvatore Arena, rappresentato venerdì mattina al Teatro piccolo dell’Unical, in replica mercoledì al Teatro Masciari di Catanzaro, racconta proprio di quella rivolta reggina del 14 luglio 1970, «la più importante rivolta europea dopo i moti del 1848» precisa il regista Barilla, e di quel deragliamento del treno dovuto a una bomba, il 22 luglio dello stesso anno, che l’Italia ha saputo, abilmente, occultare. Sul palco un unico interprete e tanti personaggi. Arena ha dato vita, in un monologo di circa un’ora e mezza, sostenuto con sapiente maestria, a molti protagonisti dell’epoca, restituendocene la quotidianità e l’umanità.
La scarna scenografia, composta da una sedia, una scaletta e un pannello su cui scorrevano immagini rappresentanti la nostra terra e altre di repertorio, hanno aiutato a incentrare l’attenzione sull’attore. Non c’era neanche bisogno di chiudere gli occhi. Il profumo di bergamotto aleggiava nell’aria insieme all’odore acre del vagone del treno in cui s’incontrano sei persone. Si vedevano le barricate insieme ai nuvolosi densi causati dagli incendi. Tutto sapeva di quel 14 e 22 luglio. Tutto contribuiva a rendere l’intento del progetto ( “A Sud della Memoria di cui “ ‘70voltesud” costituisce la parte finale della trilogia insieme a “Il mondo offeso” e “Di terra e di sangue”) di recuperare la memoria storica calabrese, ricordando le rivolte e le contestazioni, per cominciare a levarsi quel nero che ha sporcato, annerito, per troppo tempo le nostre mani. La nostra vista.
Marta Monteleone