lunedì 31 marzo 2008

Anche l'alfabeto "ecologico" si impara a scuola

Il surriscaldamento della Terra ha raggiunto livelli preoccupanti: questa l’opinione di Laura Marchetti, sottosegretario di stato con delega all’educazione ambientale, ospite del seminario organizzato dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Unical. A confrontarsi con lei sugli “Alfabeti ecologici” c’erano Mario Alcaro, professore ordinario di storia della filosofia, Giuseppe Spadafora, presidente del corso di laurea in scienze della formazione primaria, Raffaele Perrelli, preside della facoltà di Lettere e Filosofia.
“Il primo inquinamento con cui dobbiamo fare i conti – spiega la Marchetti – è quello mentale. Un inquinamento che vige sia nell'ambito della scuola, inquinata dal bullismo e da stili di vita superficiali, sia nell'ambito quotidiano dove troviamo spesso stili di vita contronatura come la crescente aggressività, verso l'ambiente, gli animali, gli altri”. Obiettivo dell’alfabetizzazione “ecologica” è quindi quello di ripulire, disinquinare, ridare alle parole il loro significato. La parola 'Ambiente' per esempio, come è usata nel senso comune, assume un significato restrittivo. “Fa pensare ad uno sfondo – continua la Marchetti - su cui poi si innesta la vita umana. Preferiamo invece la parola 'Natura' che fa pensare ad una interconnessione profonda tra l'essere umano ed il resto del vivente”.
All’inquinamento mentale si accompagna quello fisico, ambientale.
“Analizzando l’evoluzione della temperatura nel corso degli ultimi dodici mila anni – ha spiegato il sottosegretario - si può notare un suo aumento seguito da una caduta repentina in coincidenza dell’ultima glaciazione. La temperatura riprende a salire con la rivoluzione industriale, raggiungendo livelli assai preoccupanti, minacciosi per il destino del pianeta, della civiltà e della vita tutta”.
“Occorre recuperare quindi il ruolo della conoscenza legata alla natura e superare il ruolo che l'educazione ambientale ha avuto fino ad oggi - aggiunge il docente Spadafora - e questo lo si può fare grazie ad una buona istruzione nelle scuole, che non basta solo frequentare se poi la buona educazione non viene recepita ma bisogna prendere coscienza di quello che si apprende perché - dice ancora Spadafora, forse esagerando un po’ - che è la scuola l’unico strumento che può cambiare questa tendenza, cioè quella di eliminare l’inquinamento.
Il professor Alcaro, ribadendo le parole del collega, ha aggiunto che bisogna fare un collegamento del problema ecologico col nostro tempo in cui tutto è mercificato e la sovrapproduzione di merci, e quindi di rifiuti, rimette in discussione il rapporto costi-benefici.
Poi si è soffermato sul problema che riguarda i giovani e in particolare il loro rapporto con la società e il non interagire con essa, mettendo in risalto il ruolo della scuola e soprattutto dell’università, nell’avvicinare gli studenti ai problemi sociali contemporanei.
Andrea Fucile

lunedì 17 marzo 2008

Pubblicato il bando del CR per la stagione artistica 2008. Chi ricorda le iniziative dell'anno scorso?


Anche quest'anno il Centro Residenziale dell'Unical ha bandito un concorso aperto ad Associazioni ed enti esterni per la concessione di contributi economici di sostegno ad eventuali proposte ed iniziative a carattere artistico, ricreativo e culturale. Le proposte devono pervenire entro il 31 marzo all'indirizzo del Centro, corredate dalla documentazione prevista dal regolamento, visionabile sul sito www.unical.it/centroresidenziale. I progetti vengono valutati da un'apposita commissione formata, fra gli altri, dai rappresentanti degli studenti. Mentre le iniziative una volta approvate - in genere succede non prima di maggio - si possono svolgere entro la fine dell'anno.
Ma ogni nuovo bando dovrebbe essere anche l'occasione per fare un bilancio delle attività dell'anno precedente, cogliendone pregi e difetti, per capire se il programma delle attività ha avuto il gradimento atteso oppure no. Gli studenti, per esempio, che ne pensano del programma dello scorso anno? Qualcuno di voi ricorda una di queste iniziative in particolare? Parliamone...

venerdì 14 marzo 2008

Fata Morgana, presentato il terzo numero della rivista

Presso la sala stampa dell’Aula Magna si è tenuta la presentazione del numero 3 della rivista “Fata Morgana”, nata per iniziativa di un gruppo di docenti, critici e studiosi del Corso di laurea in DAMS dell’Università della Calabria. All’incontro, moderato da Roberto De Gaetano, hanno partecipato Felice Cimatti, Daniele Gambarara e Silvia Vizzardelli, che hanno affrontato il tema della “Trasparenza”, a cui è dedicato l’intero numero.
Nel nuovo numero della rivista compaiono una serie di saggi sull’argomento, tra cui: “Cinema e vetro” di Marcello Walter Bruno, “Immagini e interfacce” di Vincenzo Cuomo, ma la conversazione con il regista Jean-Louis Comolli, a cura di Bruno Roberti, è una chiave di lettura privilegiata per cogliere il senso della trasparenza nel cinema.
Dalla conversazione emerge l’idea che un’inquadratura è intesa anche come “nascondiglio”, un entrare e uscire, il confronto tra il ruolo del visibile e del non-visibile, elementi riconducibili alla pratica cinematografica del “fuori campo”, sempre soggetto a continue trasformazioni; ma il ruolo cinematografico del non-visibile è più importante del visibile, perché il cinema, a differenza della fotografia è sempre soggetto a trasformazioni, in quanto tutto ciò che viene proiettato si muove e può entrare ed uscire dall’inquadratura, diventando così visibile e invisibile, non misterioso, bensì trasparente. Si tratta, quindi, di un’ambiguità strutturale: le pulsioni scopiche e uditive appartengono all’uomo da sempre, ma attraverso le nuove tecnologie, esse vengono rimpiazzate con i cosiddetti dispositivi che offrono l’opportunità di perdere il contatto con la realtà e ci danno la possibilità di sentire ciò che non avremmo mai potuto sentire e di vedere oltre il visibile.
Quindi, il cinema, a differenza di altri modi di rappresentazioni, è sempre innovativo, perché si articola e si trasforma ogni qual volta ce ne sia bisogno, e l’inquadratura cinematografica è ben diversa da quella pittorica per il semplice fatto che il movimento agisce e non resta immutato: esso riformula e sviluppa il cosiddetto “campo generale della visibilità” rapportato ad un fattore di “invisibilità” creando così una suspense, un’attesa che qualcosa cambi e che si crei il passaggio dall’invisibile al visibile.
La metafora della Trasparenza ha a che fare con l’Esperienza, e insieme giocano un ruolo importante, in quanto noi stessi facciamo esperienza del fatto che “si fa esperienza”: il cinema è un artificio e l’Esperienza diventa Ideologia quando “quel vedere” finge di essere in una realtà chiusa.
Scirchio Francesca

Siamo ricchi o poveri? La mappa del "capitale sociale" in Italia


I giorni 11 e 12 marzo sono stati particolarmente interessanti per gli studenti della Facoltà di Scienze Politiche che hanno partecipato al convegno ‘Il ruolo dei valori nella ricerca sociale’ (giorno 11) e ‘Capitale sociale, valori morali, sviluppo economico’ (giorno 12). A relazionare e a rispondere alla platea il professore Roberto Cartocci dell’Università di Bologna, che ha pubblicato di recente gli esiti di una sua ricerca in merito nel libro Mappe del tesoro. Atlante del capitale sociale in Italia. Il convegno si colloca come una delle iniziative interdisciplinari della Facoltà di Scienze Politiche e, in questo caso, mette insieme le discipline di Scienze dell’amministrazione e Teorie dello sviluppo economico. Di fatto l’incontro è stato curato in particolar modo dal professor Raniolo, Ordinario di Scienza Politica, e dal professor Marini, Straordinario di Teorie dello Sviluppo Economico.
Gli incontri sono stati molto intensi, il prof. Cartocci ha attraversato diversi dei temi che vengono trattati nell’ambito degli studi delle Scienze Sociali.
Tra i passaggi più incisivi l’incoraggiamento a noi giovani e studenti di avere sempre uno sguardo critico sul mondo con la consapevolezza che può migliorare anche grazie a noi e solo se guardando attivamente la realtà riusciamo a non esserne vittime, ma partecipi. Il Prof Cartocci dalla cattedra ripete più volte che i valori sono beni che possono essere intesi in vario modo. La nostra società ci spinge al consumismo, alla produzione. Ma la riflessione indotta nell’aula è un’altra: se i valori sono considerati beni economici questi con l’utilizzo tendono a scomparire, se invece, intendiamo i valori attraverso un registro simbolico vediamo che il processo freddo e meccanico imposto dall’economia non esiste più… basti pensare all’amore che più si prova più ce n’è.
Sembra strano in un convegno che ha tanto l’aria di essere distante dalla nostra realtà, fatta di corsi e di corse (per il bus, per la lezione ecc), trovare un professore che dice agli studenti di ‘fermarsi a riflettere’, come sembra strano vedere un’aula tanto grande (la L1) piena di persone quasi fino all’ultimo (quindi sicuramente non solo perché vincolati dalla firma di frequenza). Ma è nella seconda giornata del convegno che ci si viene a scontrare con una realtà non certo molto piacevole per noi Meridionali orgogliosi del nostro sole e di tanti difetti che finiscono per essere considerati folklore. Da un’analisi empirica svolta in tutte le province d’Italia su dati particolari (diffusione della stampa, donazioni del sangue, partecipazione elettorale, tutti dati che sono considerati positivi ai fini della ricerca) risulta che la nostra amata Terra è popolata da persone ben lontane dall’ideale di cittadino coscienzioso, interessato a ciò che avviene e capace di avere fiducia in altri. Lo studio divide l’Italia in due realtà distinte e contrapposte: un centro Nord sempre di successo ed un Sud ancora una volta indifferente a tematiche che riguardano anche se stesso.
Ancora una considerazione… sappiamo bene che l’Europa si è allargata ma forse non tutti ci siamo resi conto che così l’Italia non può più rientrare tra i Paesi ad obiettivo1 (quei Paesi che hanno diritto a fondi per lo sviluppo), ma non deve certo essere un vanto o una giustificazione al non agire essere ‘i più ricchi tra i poveri’…
Implicito davanti ad una platea di studenti universitari l’invito a cambiare e migliorare le cose perché il tanto agognato sviluppo può avvenire solo con una presa di coscienza che venga da noi stessi. I maggiori successi non arrivano perché il singolo individuo si impegna, ma perché l’impegno e la costanza di molti individui porta avanti progetti e sviluppa risultati.
Bruna Larosa

Tre film "trasparenti" per guardare attraverso il cinema


Foto da “Essi vivono” (Stati Uniti 1988), regia di John Carpenter

Nei giorni 11 e 12 marzo la sala stampa dell’aula magna ha ospitato il seminario, organizzato dalla rivista Fata Morgana, sul cinema e il suo concetto di trasparenza. Moderato da Roberto De Gaetano, presidente del corso di laurea in Dams, il seminario ha proposto la visione di tre film e il successivo dibattito.
Raul Ruiz e il suo “Ipotesi su un quadro rubato” (Francia 1978) aprono la due giorni di Fata Morgana; nel film un collezionista possiede una raccolta molto vasta di quadri dipinti da Frédéric Tonnerre, pittore del XIX secolo inventato dal regista. Alla collezione manca soltanto un quadro e attorno al dipinto rubato si dipanano le più svariate e ardite teorie. Si tratta di ritrovare la tela scomparsa, svelando così il filo rosso che lega i dipinti e il mistero di questa collezione, così splendida ma capace, a suo tempo, di provocare un terribile scandalo. Tutto basato sull’opposizione tra narratore interno (protagonista del film) e narratore esterno (voce fuori campo) il film è un susseguirsi di immagini surreali e rivelazioni stucchevoli. Il successivo dibattito ha messo in evidenza il contributo dello sceneggiatore Pierre Klossowski e della sua commedia “Il Bafometto” ponendo l’accento sul culto, ben rappresentato nei tableaux vivents del film, dell’androgino che ricorda chiaramente i misteri dei templari ma anche il mito platonico citato nel simposio. Un’opera che, come ha affermato Daniela Angiolucci “mostra non allude”, trasparente appunto.
La visione filmica del pomeriggio "Sans Soleil" (Francia 1982) appare come un documentario, in realtà sono messaggi video di un viaggiatore, ora alle prese con il Giappone in cui ha deciso di vivere per un lungo periodo, ora con l’Africa e l’Islanda. Collocato a metà tra le riflessioni di Barthes in "L'impero dei segni" e "Tokyo Ga" di Wenders, il film di Marker è l'immersione in un mondo che ci spiazza, ci nega il riferimento all'abitudine, al noto, coltiva il nulla e per paradosso ci restituisce un senso per negazione. Come afferma Carmelo Marabello nel dibattito successivo, Marker lavora molto sulle immagini, sul montaggio, sul rapporto tra realtà percepita e realtà riflessa. Il suo è uno dei pochi tipi di cinema che mentre lo guardiamo ci chiede di considerare che cosa guardiamo e perché lo facciamo.
“Essi vivono” (Stati Uniti 1988) di John Carpenter chiude il seminario: il soggetto non nuovo, che ai più sarà noto per l’albo “vivono tra noi” del Dylan Dog Bonelliano, tratta della raccapricciante scoperta, grazie a dei miracolosi occhiali, di un operaio (Roddy Piper) che si rende conto di vivere in un mondo governato da alieni che, bombardando la popolazione di messaggi subliminali, controllano le menti e le coscienze delle persone; dietro la facciata naif si nasconde un chiaro messaggio di denuncia che è emerso nella successiva discussione, più accesa e vivace delle precedenti, forse per merito di Carpenter, forse per merito di Marcello Walter Bruno, ordinario di semiotica degli audiovisivi all’università della Calabria, che ha evidenziato un’aspra critica del film all’America del capitalismo sfrenato di Regan (illuminante a tal proposito il messaggio del denaro che gli occhiali mostrano al protagonista: “io sono il tuo dio”) al consumismo e alla televisione. L’analisi di Bruno ha posto dapprima l’accento sul carattere postmoderno e citazionista del film per poi spostare l’attenzione sul carattere sociale dell’opera, delineando un insolito ma indovinato parallelo con le teorie marxiste.
Il filo conduttore del seminario, la trasparenza, è forse più didascalico nell’opera di Carpenter per questo è più afferrabile dallo spettatore, mentre per il film di Ruiz e di Marker la comprensione risulta più tortuosa; come ha dimostrato l’applauso alla fine di “Essi vivono”, il più fragoroso delle due giornate, non è necessario e forse nemmeno utile risultare ostici allo spettatore per istruirlo e indurlo alla riflessione.
Carmine Mura

mercoledì 12 marzo 2008

Unical, tra sconforto e speranza

L’Unical è una realtà positiva in mezzo a tanti fatti spiacevoli della nostra Calabria, e col tempo è diventata anche una delle migliori università, e senza dubbio la prima del Mezzogiorno. Eppure il sistema universitario ha dei difetti, che intaccano l’immagine del nostro Ateneo: innanzitutto, potrebbe funzionare meglio, dando un servizio migliore agli utenti, i quali, si lamentano della scarsa organizzazione delle varie facoltà, e le conseguenze le pagano sempre gli studenti, che devono armarsi di buona volontà e cercare di dare il meglio di loro stessi. C’è chi, dopo tanto tempo, richiede ancora il famoso libretto, stanco di dover esibire, in seduta d’esame, il solito foglietto bianco su cui scrivere il voto; chi, al primo anno, è entusiasta di iscriversi alla sua amata facoltà e non risulta in graduatoria, ritrovandosi, invece, a dover seguire noiose lezioni ( pur di convalidare gl’esami). Centinaia di ragazzi che trascorrono lunghe mattinate in segreteria, con la speranza di risolvere i problemi, e invece si ritrovano a discutere col personale competente; chi si imbatte nel famigerato piano di studi presentato più volte e chi affronta esami tenuti da professori…”poco professori”. Questa è anche un po’ la mia storia.
Il nostro Ateneo dovrebbe risolvere questi problemi, per migliorare la vita di ogni singolo studente, in modo che arrivi alla laurea con serenità: in primis, nella segreteria generale dovrebbero aggiungere almeno altri due sportelli, perché ogni giorno la fila di gente cresce sempre di più, e soprattutto assumere personale competente; i dipartimenti dovrebbero essere più organizzati, gli orari delle lezioni rispettati. A parte questi nei, non bisogna condannare il sistema universitario in toto, perché, fortunatamente, si assiste anche a molti aspetti positivi, come il buon rapporto che si instaura con i colleghi, le feste e i concerti, le serate culturali e i convegni di personaggi illustri. Non bisogna trascurare la preparazione indiscutibile di alcuni professori, che oltre a dare brillantemente lezioni universitarie sono capaci di instaurare un rapporto umano con gli studenti. Spero che questa critica serva a migliorare il nostro ambiente universitario e renderlo più adeguato alle nostre esigenze.

Scirchio Francesca

martedì 11 marzo 2008

Basta poco

Fare qualcosa di nuovo è sempre piacevole: cambiare modo di vivere, abitudini, incontrare gente e avere altri obbiettivi più grandi di quelli che ci siamo lasciati alle spalle sono sfide belle da affrontare.
Con questo stato d’animo iniziai la mia avventura all’Unical, la vita universitaria era più o meno come me l’aspettavo: seguire le lezioni, preparare gli esami la soddisfazione di superarli. Forse per altri non è così, ho avuto la fortuna di alloggiare nel campus dove si vive meglio e più intensamente il mondo universitario: con sincera allegria le campagne elettorali all’interno del campus, la delusione per una scelta a nostro avviso sbagliata del centro residenziale ma anche un concerto una festa nel campus o addirittura mangiare a mensa sono cose che restano e ti rendono membro di una comunità, mi sento e mi sono sempre sentito uno studente Unical.
Non voglio certo dipingere l’università e la carriera universitaria in modo da farli risultare i campi elisi, è ovvio, è scontato che non è tutto rose e fiori, le noie da affrontare sono varie e numerose si va dalla semplice fila in segreteria a un estenuante sovrapporsi di corsi, esercitazioni e seminari che risulta difficile organizzare in modo adeguato; se a tutto questo aggiungiamo che perfino la pausa pranzo, virtualmente momento di pausa e relax, diventa una vera e propria “Odissea” possiamo affermare che a volte la giornata da studente risulti “stressante”.
La cosa più frustante è la consapevolezza che basterebbe così poco per migliorare servizi: una maggiore flessibilità degli orari eviterebbe che la maggior parte degli studenti si concentri in un determinato momento migliorando in maniera essenziale il servizio. Quando si è alla fine di un percorso c’è sempre una nuova sfida ad aspettarci, una sfida affascinante da affrontare.
Carmine Mura

Beata vita universitaria

Università, parola che rievoca nei giovani un senso di responsabilità e viene visto come trampolino di lancio per una degna attività lavorativa. Con le sue sei facoltà e i sessanta di corsi di laurea l’Unical rappresenta una delle università più organizzate del sud. A differenza degli altri Atenei dove le sedi sono staccate, l’Università della Calabria con il suo stile campus rappresenta una sorta di piccola comunità, grazie anche al suo lungo ponte che unisce tra loro facoltà, segreterie e biblioteche (eccezion fatta per la facoltà di farmacia).
A proposito delle segreterie ci sarebbe da fare una bella analisi, circa la scarsa organizzazione al loro interno che grava sulle “spalle” degli studenti costretti a ritornare più volte anche per una semplice banalità. Mi riferisco principalmente alle segreterie generali, le quali hanno un solo dipendente per facoltà, e questi devono sbrigare centinaia di richieste di studenti nelle due ore di ricevimento consentite (troppo poche!). Ma non bisogna dimenticare nemmeno il centro residenziale dove i dipendenti, a volte, non sanno rispondere su cose di loro competenza mandandoti da una parta all’altra, o liquidandoti con frasi tipo:“controlla su internet”.
Comunque, a parte alcuni aspetti decisamente da migliorare, ci sono anche cose positive. L’Unical (vista da fuori) sembrerebbe avere una doppia dimensione (ma magari l’una potrebbe essere la continuazione dell’altra), cioè l’Unical di giorno e l’Unical di notte. La giornata comincia verso le nove con le prime lezioni e quindi i primi incontri tra colleghi dove alla prima pausa magari si fa una passeggiata sul ponte o si va a prendere un caffè.
Ma il ponte riserva anche altre attrattive poiché tanti giovani al calar del sole si ritrovano per far allenamento oppure per una passeggiata romantica, o ancora per vedere le partite. Ma quando tutto sembra finito gli studenti si trasferiscono nei diversi locali che ci sono nell’hinterland cosentino (molto ben organizzati). Quasi tutti portano il marchio “serata universitaria” quindi ci si ritrova per bere qualcosa oppure per ballare o perché no anche per conoscere qualche ragazza o ragazzo. L’University nigth è una sorta di antistress per coloro che passano intere giornate all’Unical, ma è anche un diversivo per chi svolge una vita troppo monotona.
Quindi per chi sa organizzarsi bene, è il caso di dire beata vita universitaria.
Fucile Andrea

lunedì 10 marzo 2008

La partenza intelligente

ciao
siamo tre studenti unical, complimenti x il vostro giornale.
abbiamo molto apprezzato l'articolo in prima pagina dell'ultimo numero (del professor Frink), siamo totalmente d'accordo con voi! vi alleghiamo un articolo scritto da noi, su un altro piccolo difetto degli studenti Unical, speriamo che vi piaccia.
vi mandiamo un in bocca al lupo x la vostra attività
un saluto a tutta la redazione.

"La partenza intelligente"

TRRR....TA, TRRR....TA, TRRR...TA....
Venerdi ore 12:00: il ponte trema, vibra... e poi, ancora quel terribile rumore: TRRR....TA, TRRR....TA, TRRR...TA....
Potrebbe essere il terremoto o la scena iniziale di uno di quei film apocalittici americani... e invece no!!! TRRR....TA, TRRR....TA, TRRR...TA.... sono le migliaia e piccole rotelline dei trolley che scorrono veloci sulle grate del ponte P. Bucci. Appartengono agli studenti che hanno adottato la filosofia dell’Università “part-time”, cioè quella comoda da frequentare tra un week-end e l’altro. Abbandonano le lezioni a metà e con passo deciso si posizionano lungo la linea di partenza; tutti pronti...Tre...Due...Uno...Partiti! Come un esercito di formichine psicotiche corrono e si danno spallate per accaparrarsi un posto comodo, sull’autobus o treno, su cui poggiare le proprie “stanche”membra dopo quattro “stressanti”, “difficili”,“estenuanti” giorni lontano da casa... E così, in preda alla più feroce nostalgia, si riparte per tornare all’ovile. Niente da dire su chi deve tornare per vera necessità, ma dov’è finita l’INDIPENDENZA sognata quando si aveva sedici anni?! E’ forse morta, sconfitta dalle amorevoli premure e dalle comodità di avere una mamma/serva e un papà/bancomat pronti a soddisfare il proprio “Bamboccione”? Decisamente si! Ma è morta anche la tipologia di studente universitario; non c’è cooperazione, voglia di confrontarsi, di esprimere le proprie opinioni per crescere come individuo. Ognuno pensa per sé e preferisce non esporsi in discorsi “impegnati”. Ben vengano tutte le festicciole di qualsiasi tipo (non stiamo qui a criticare i generi), ma la vita universitaria non è solo questa! Ci sono, anche nel fine settimana, tante iniziative ed eventi di grande interesse, sia all’Università che nell’interland cosentino, che però vengono snobbati al quasi unanime grido: “Ritirata!”. Ed ecco che la desolazione si impadronisce dei quartieri universitari, il silenzio cala nelle mense e per le strade. Persino i pullman, solitamente straboccanti di persone e di parole, ora sono semivuoti e tranquilli. Poi ti svegli una mattina e da lontano senti un rumore: trrr....ta, trrr....ta, sempre più forte: TRRR....TA, TRRR....TA, più insistente: TRRR..TA TRR..TA
...è di nuovo Lunedì.

Francesca Orangis, Francesco Parisi, Eleonora Procopio