domenica 24 maggio 2009

Cinque avvisi di garanzia per gli attivisti dell'Onda calabra


Cinque avvisi di garanzia sono stati recapitati all'indirizzo di altrettanti attivisti dell'Onda calabra, il movimento degli studenti nato nell'ottobre scorso all'Unical. I reati contestati sono radunata sediziosa e resistenza. I fatti risalgono al 15 gennaio scorso quando, per l'inaugurazione dell'anno accademico alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, gli studenti dell'Onda organizzarono una pacifica protesta fuori dall'Aula Magna, contro la cerimonia. "Trecento tra studenti, ricercatori, docenti, precari e attivisti politici - ricordano oggi gli attivisti dell'Onda - volevano contestare l’enorme teatrino mediatico messo in piedi dal magnifico, dalla sua corte accademica e dal solito carrozzone politico-istituzionale. Ribadiamo oggi quel che affermavamo già allora: non c'è niente da inaugurare. Era ed è tuttora in atto lo smantellamento dell’università e della ricerca libera mirato ad impedire la formazione di coscienze critiche e ad imporre la precarietà come unica condizione di vita".
Una rigidissima gestione dell'ordine pubblico, impedì di fatto a studenti, docenti e chiunque fosse privo di regolare permesso, di circolare liberamente al di fuori della zona rossa creata intorno al luogo della cerimonia. Estenuanti trattative intercorsero tra studenti e forze dell'ordine anche solo per poter esporre degli striscioni dal ponte Bucci. Comunque nessun episodio sopra le righe, nessuna violenza. "L’aggressione di certo non l'abbiamo commessa noi - dichiarano ancora gli studenti dell'Onda - ma chi ha dato ordini espliciti di impedire la mobilità agli studenti per evitare di creare problemi al rettore e al libero svolgimento di una manifestazione di inaugurazione indesiderata e ridicola".
A distanza di quattro mesi gli avvisi di garanzia. "L’impianto accusatorio per chi ha vissuto quelle giornate - si legge ancora nella nota diffusa dagli studenti - è semplicemente ridicolo; oltre che per l’inesistenza dei reati contestati, vengono utilizzati a scopo repressivo reati risalenti al periodo fascista, (art. 18 del regio decreto del 18 giugno 1931; 655 c.p. “radunata sediziosa”). Ma di cosa ci meravigliamo? La storia della Repubblica Italia dal dopoguerra ad oggi è testimone di continue derive antidemocratiche che sottolineano l’assoluta incoerenza di uno stato che si dichiara democratico, ma continua a basarsi sul codice Rocco e su decreti risalenti al ventennio".
Infine un appello alla mobilitazione. "Nonostante il contesto nazionale e locale, l’onda calabra non si fermerà e continuerà a contrapporre alla violenza delle pratiche repressive la produzione di sapere libero e critico, indispensabile per il cambiamento e per la costruzione di idee e pratiche per un nuovo futuro. Ci appelliamo perciò alla mobilitazione ed alla solidarietà di tutti e tutte per lottare contro questo ennesimo tentativo di reprimere il dissenso di chi non ha paura di sognare".

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