mercoledì 12 ottobre 2016

Unical, il governo che non c'è, la cattiveria e il nocciolo della questione

La crisi aperta dalle dimissioni del prorettore dell'Unical Guerino D'Ignazio, nonostante la quiete apparente, è tutt'altro che archiviata. Uno dopo l'altro, i principali sostenitori del rettore Crisci, stanno dichiarando pubblicamente (alla stampa prima ancora che alla comunità universitaria) il fallimento di un rettorato che hanno contribuito ad eleggere e che si trova oggi, esattamente a metà del mandato, in un'empasse imbarazzante.


Il governo che non c'è. L'ultima presa di posizione è quella di Paolo Veltri, direttore del dipartimento di Ingegneria Civile e senatore accademico, che in un'intervista a Il Quotidiano del Sud, ha denunciato il metodo poco collegiale utilizzato dal rettore nelle sue scelte, affidandosi completamente al Consiglio d'Amministrazione e tagliando fuori il Senato accademico. Stessa sorte per i Dipartimenti, secondo Veltri, poco ascoltati se non in colloqui privati con qualche direttore. Questo metodo, per il direttore di Ingegneria Civile come già per l'ex prorettore, ha portato alla rottura. 
Sul metodo si era focalizzata anche la lettera di Raffaele Perrelli, direttore di Studi Umanistici rientrato da un anno in Senato, una lettera dai toni durissimi nei confronti del rettore diffusa all'indomani delle dimissioni del prorettore. Il “governo che non c'è” lo aveva chiamato Perrelli, manifestando la sua “grande delusione” per la “deriva personalistica” e l'inadeguatezza di una simile gestione sotto il “profilo culturale e intellettuale” difronte alla crisi delle università meridionali. “Quello che abbiamo davanti – concludeva la lettera - non è lo spettacolo di geometrica potenza di chi costruisce il consenso argomentando e istruendo, ma piuttosto l’improvvisa visione di un paesaggio non antropizzato, primordiale ma privo di grandiosità e bellezza, una sorta di deserto senza luce, una lunga notte di cui fatichiamo a immaginare la fine”.
Una cattiveria inquietante. La “ferma amarezza” di Perrelli, dopo qualche giorno di gelo, ha provocato una reazione altrettanto ferma dal fronte opposto. “La lettera del prof. Perrelli è, a mio avviso, brutta, intrisa di una cattiveria inquietante. È una lettera sbagliata perché fa un danno enorme all’Università ma anche alla stessa immagine di apprezzato studioso che tutti riconoscono al prof. Perrelli e rende, oggettivamente, più difficile la prospettiva di un suo rettorato”. A scrivere è Pasquale Versace, il mezzo scelto questa volta è Mercurio, la mailing list d'ateneo. Pochi giorni prima del suo pensionamento, il professore di Ingegneria, che sfidò Latorre durante la terza elezione a rettore, si è voluto togliere qualche sassolino dalle scarpe. Proprio in occasione di quelle elezioni, Perrelli dichiarò il proprio sostegno a Latorre intervenendo in un corpo accademico (“Versace è di destra”, ndr), e due anni dopo guidò con la stessa convinzione il fronte dei presidi contro lo stesso Latorre. Oggi succede dinuovo. “Sono cambi di valutazione abnormi che fanno dubitare della perspicacia di chi vorrebbe esercitare la leadership nel nostro Ateneo”. Immediata la risposta di Perrelli: “anche se indossa il saio del Poverello di Assisi, nessuno può ignorare che egli (Versace, ndr) è stato, tra l’altro, amministratore di un PON da oltre 10.000.000 di euro e che è riuscito ad attraversare nelle vesti del grande elemosiniere più rettorati torcendosi senza pudore verso l’uno o l’altro dei potenti di turno. Nessuno può ignorare che è stato tra i promotori della nascita di un dipartimento che ha prontamente abbandonato quando non ne è stato eletto direttore”. Con Versace si sono schierati altri docenti, come Mario Maiolo, ex assessore regionale, e Franco Rossi, attuale assessore regionale.
Il nocciolo della questione. In questo fuoco incrociato c'è anche chi prova a spostare il dibattito dal piano personale ad un piano più riflessivo su “l'università che vorremmo”, come Riccardo Barberi, docente di Fisica. Il nocciolo della questione potrebbe essere proprio questo: non basterà accordarsi in Senato sui posti di ordinario poiché, a causa dei tagli che il sistema universitario subisce da anni, due visioni divergenti sul futuro dell'ateneo sono entrate definitivamente in conflitto. Da una parte i dipartimenti scientifici, con la ricerca applicata, i brevetti, gli spin-off, dall'altra i dipartimenti umanistici con la formazione dell'individuo, la coscienza critica, la crescita culturale e intellettuale, e sullo sfondo il sogno proibito della facoltà di Medicina, che qualora si realizzasse risucchierebbe ogni risorsa. Più o meno apertamente c'è chi dice che i saperi “improduttivi” non meritino di sopravvivere, che i dipartimenti debbano ricevere i fondi in base alla valutazione della ricerca, che l'era dei fondi a pioggia vada chiusa per sempre. Mors tua, vita mea. E' un dibattito difficile, perché riguarda la lotta per la sopravvivenza, ma affrontarlo è l'unico modo per uscire dell'empasse.

Daniela Ielasi


1 commento:

  1. Da una parte i Dipartimenti Scientifici e dall'altra i Dipartimenti Umanistici...il discorso del Presidente del Consiglio al Politecnico di Torino nel Febbraio 2015 aveva già ben indicato la direzione che l'Università dovevano intraprendere ed oggi con Il Piano Nazionale 4.0 è tutto ben confermato!!!

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