giovedì 20 settembre 2007

Se "vaffanculo" anche l'università...

Esodo, esodo, esodo, ma che non sia semantico per favore perché francamente non ne posso più di questa ginnastica che pratichiamo ogni giorno, e all’occasione ogni ora e minuto e secondo e microsecondo, e così via fino ad arrivare a frazioni di tempo irrilevanti alla nostra scala.
Non sento altro che gente che si lamenta e fa spallucce, dovremmo avere i dorsali di Schwarzneger se questa fosse una ginnastica utile, ma da generazioni oramai. Mi sorprende la quantità di energie-fittizie- che siamo capaci di spendere in questo esercizio che solo a parole cerca alternative a come le cose vanno.
Così ti ritrovi un rettore che, in campagna elettorale, parla di una riforma universitaria catastrofica, come se negli ultimi quattro anni lui non ci fosse stato insieme al suo corpo docente a mettere in pratica, e nella più perversa delle maniere, la ricetta distruttiva.
Senti i politici che parlano alla terza persona quando si affrontano i problemi di carenze del sistema legislativo, ad esempio, o quando si cercano soluzioni ai mille problemi che sembrano affannare questa Italia a marcia ridotta rispetto alle sorelle d’Europa. Quasi come se loro stessero lì per fare delle analisi, per dirti tra l’altro senza chiarezza e non illuminati dall’uso del corretto italiano, quali sono le urgenze, come si dovrebbe fare, ascolto il tizio di turno che parla alla radio e mi aspetto che di lì a poco gridi “Ma italiani! (come quell’altro) Che ca… aspettate a governare questo paese?!”
Vado - tra l’altro che sia ben chiaro, io come tutti quelli che sono nella mia condizione (esercitatore tutor o homework class demonstrator se vi fa sentire più internazionali) non sono tenuti a fare gli esami, è evidente che un solo docente non può occuparsi di tutto un appello e forse questo dovrebbe far venire in mente a qualcuno che almeno questa circostanza potrebbe essere “legalizzata” includendo nel contratto che firmiamo (in media a un anno e mezzo dal termine della prestazione, e senza la liberatoria della presa di servizio, tanto per non dimenticare) questa mansione...
Dicevo, vado a fare esami e la prassi fino a ora è la seguente (non faccio di tutta l’erba un fascio, ma sono abbastanza convinta che in questo caso del fascio non esce fuori erba di altra natura) ci guardiamo tra di noi- docenti e assistenti- e leggendo le prove scappa il sorrisetto complice di chi sta pensando “Evvabbè, se è così al prossimo appello gli chiediamo di toccarsi alternativamente e con gli occhi chiusi la punta del naso con l’indice destro e sinistro” sempre come se queste prove d’esame fossero cadute, insieme alla famosa manna, da un qualche cielo e il compito dei docenti sia solo quello di portare il messaggio divino agli esaminandi impazienti.
E non che nuovo ordinamento volente o nolente, parametri ministeriali per avere accesso ai fondi da rispettare, stiamo mandando l’università a Fanculo, come piace tanto fare agli italiani arrabbiati e stanchi, capeggiati da un comico, che ahimè non si rende conto uno di chi ha di fronte (ovvero persone pronte la mattina seguente al Vcf day a chiamare l’amico all’ufficio anagrafe per farsi fare il rinnovo della carta d’identità senza fare la fila) e due, che infervorando la gente con spicciola demagogia manda a puttane (permettetelo, se posso sentire dire dal ministro che la legge che fa la sua coalizione “fa cagare” in prima serata e senza bollino rosso) tutto il lavoro serio che si era preso la briga di fare da diversi anni a questa parte.
E mentre mandiamo a fanculo la nostra dignità, perché scusatemi è anzitutto la dignità di chi insegna in questo porcaio la prima ad essere compromessa, facciamo spallucce. Si fa spallucce e chiacchieriamo dell’ultimo gossip in dipartimento o del concorso a venire, quasi quasi per il mio futuro mi aprirei un banco di scommesse su chi vince i prossimi concorsi da bandire…mmh ma non deve essere un grande business, visto che i risultati sono noti prima del concepimento dei bandi e con le scommesse i soldi li fa l’imprevisto…
Guardiamo gli studenti quasi come dei disperati, poveri idioti che manco sanno che per rispondere a un test a risposta multipla basta apporre una crocetta nello spazio apposito, e gli studenti, che mi guarderei bene dal mettere sul banco delle povere innocenti vittime, anche loro aprono bocca solo per lamentarsi, o c’hanno il pullman o c’hanno la zia il cane con la zampa rotta i nonni che muoiono ottocento volte il padre che deve andare a fare le imbasciate e non può aspettare l’ordine alfabetico-Scusa,no? Ma perché cazzo non è andato a fare le sue imbasciate e vi vedete quando finisci l’esame-, non chiedono altro che un 18 e speriamo che vada bene (per inciso, uno spera che vince la lotteria, non di superare un esame perché la fortuna aiuta, ma si dice anche aiutati che dio t’aiuta..), solo un fottuto 18, una domanda in più per favore, come se la prova fosse una raccolta punti, ti dico un po’ di questo, un po’ di quell’altro e c’arriviamo a sto 18, tanto! Tanto… forse non hanno tutti i torti, perché lo sappiamo che ci stiamo prendendo per il culo, in fondo loro domandano solo di prendere parte al gioco, visto che sembra essere divertente.
Non dico una sciocchezza quando scrivo che molti dei profs che discutono dell’andamento dei Corsi di Laurea, che partoriscono strategie fantasmagoriche per elevare le Facoltà (in realtà partoriscono solo modi e scappatoie per continuare a perpetrarsi esattamente come sono e continuare a gestire il loro, seppur in alcuni casi piccolissimo, potere) non vedono le prove dei loro studenti, gli esami continuano a pesare per lo più su quella infinita, silente, lamentosa (guai a non lamentarsi in Italia, corri il rischio di attirare il malocchio) sottomessa al ricatto di avere un futuro, schiera dei precari, che però non partecipano a nessun momento della vita universitaria in cui si cerca di capire che accidenti si sta facendo, che si è fatto e come muoversi per il futuro.
E mi dispiace dire che, se non si prova il disgusto di leggere dei compiti, che al di là dei contenuti concettuali, sono scritti né più né meno di come farebbe un alunno “discolo” della terza elementare, allora non si ha neanche la forza di dire STOP!Fermi tutti, ricominciamo. In media non si scrive più in italiano, e non alludo alla magnifica lingua che i fratelli d’Europa ci invidiano che D’annunzio fa cantare o Benni saltellare, no, affatto.
Ricordate Mai Dire Gol?, quando facevano i chiodi al povero Trapattoni o suoi simili scilinguati? Bene, all’Università va di moda questa arte di disarticolare la sintassi fino a privarla del più remoto senso compiuto, che forse è una scelta stilistica, sono tutti dei Marinetti che stanno inventando una specie di Post modern Futurismo? Glisserei, se il disgusto risalisse a un tempo più remoto, sugli intollerabili errori ortografici (qualcuno mi ha detto, ma che ci possiamo fare noi? Sì è vero, non si può pretendere di imparare a leggere e scrivere all’Università, vero, ma è evidente che chi non lo sa fare non può laurearsi in qualsivoglia disciplina). Va bene, esiste Word e quindi, visto che tutto ci piace “digitalizzato” di recente, scrivere senza errori non è più un problema, ma per favore, non dico i congiuntivi, che anche il fine Presidente della Camera è capace di sbagliare, ma le banali e o è (scivoliamo veloci sulla natura degli accenti, c’è sempre l’amico Word) a o ha.
A tal proposito un trucchetto, risale alla mia maestra elementare, che forse non era laureata, come la maggior parte di queste ragazze e signore che ci prendiamo la briga di preparare all’insegnamento, ma che in realtà non stanno facendo altro che comprare con le tasse e un minimo di studio il loro posto in graduatoria, come gli studenti della SSIS e di tutti i corsi di specializzazione per l’insegnamento che prolificano maligni e infidi come tumori; ma era una di quelle che, piccolissima dall’alto dei suoi 15 cm di tacco affilato come una lama, in due minuti ci faceva recitare le preghiere obbligatorie (che nessun figlio di osservanti si scandalizzasse) e poi ci metteva sotto per quattro ore, senza gessetti colorati e cazzatine di Natale. Ecco il trucco, ricordatelo tutti, soprattutto chi lo sente la prima volta: la e va accentata così come la “mutolina” (la chiamavamo così) va posta di fronte (che si può scrivere sia attaccato che non, come d’accordo o daccordo anche se questa, Word non la sapeva) se nella frase che state scrivendo quando provate a sostituire alla e o è alla a o ha l’infinito del verbo, cioè “essere” o “avere” ottenete una frase che sembra detta da Toro Seduto, come parla secondo la filmografia familiare, ma che continua ad avere un senso.
Studiare non è obbligatorio, neanche in questa parte di Mondo dove sembra essere l’unica alternativa alla disoccupazione. Studiare è passione, è curiosità, impegno e sì anche un po’ di fortuna a volte, tuttavia, insegnare e avere tra le mani la possibilità di non distruggere la cultura, lo è 1000 volte tanto.
Ho deciso che d’ora in avanti prima di cedere alla tentazione di lamentarmi andrò a cercare uno specchio e mi dirò tanti vaffanculo fino a che non mi passa la voglia di cominciare la litania o fino a che magari non mi escono fuori le palle per fare qualcosa, anche se sono l’unica. Sarebbe doveroso osservare il silenzio quando le parole sono solo suoni emessi per passare il tempo, o per lasciarsi passare, basta! fare spallucce cari studenti e rispettabili docenti, l’Università siete solo voi.
Roza - 20.09.07

Nessun commento:

Posta un commento