venerdì 29 gennaio 2010

Rosarno e Riace, due facce dello stesso Sud


Un'Università del Sud che dà attenzione al Sud. I fatti di Rosarno hanno suscitato un’onda di discussioni sul tema che ha coinvolto in pieno anche il nostro Ateneo, con diverse iniziative di rilievo. Tra queste “Ultimo Sud”, una due-giorni organizzata dall’Udu presso il teatro piccolo. Pittura, teatro e dibattiti.
La pittura è quella di Roberto Giglio, e della sua mostra “I fantasmi di Badolato”. Badolato è piccolo centro calabrese segnato come tanti altri paesini dallo spopolamento. I suoi fantasmi sono le poche persone che continuano ad abitarci. Vecchiette in particolare, che si aggirano in paese come strane presenze, che Roberto Giglio nei suoi lavori dai colori caldi cattura.
“Gli artisti hanno molto da dire per raccontare il Sud senza retorica”, sostiene Vito Teti, che sottolinea anche l’importanza dell’anima dei luoghi. Sul Sud andrebbero raccontate meno favole. Non esiste un solo Sud, ma tanti, alcuni che ci piacciono altri meno. Nelle recenti analisi spesso prevalgono due atteggiamenti contrapposti, che Teti condanna. Da un lato il dire che “tutto è ‘ndrangheta e non c’è nulla da fare”. Atteggiamento disfattista, che fa perdere di vista l’importanza dell’azione di rivolta. Dall’altro il dire che “infondo si parla troppo di ‘ndrangheta”, atteggiamento che all’opposto porta a sottovalutare il peso che la criminalità organizzare esercita sulla vita della regione. “È comodo fare considerazioni sulla ‘ndrangheta da Arcavacata”, ammonisce Vito Teti che conclude dicendo: “nella realtà non tutto è ‘ndrangheta, ma la ‘ndrangheta c’è, e condiziona”.
Non ci sono però solo fantasmi nei paesini calabresi. A questi si accompagnano le “nuove presenze”, quelle dei migranti, su cui i recenti fatti di cronaca hanno rivolto in modo pesante i riflettori. Nuove presenze che vengono poste all’attenzione sotto due punti di vista: “Rosarno” e “Riace”. I nomi dei due paesi sono ormai diventati per chi ha seguito le vicende termini per indicare due modi diversi di approccio alle “nuove presenze”: Riace di accoglienza, Rosarno di allontanamento. In realtà per il caso di Rosarno non è stato sempre così.
E ben lo testimonia l’ex sindaco del centro tirrenico, Peppino Lavorato, uomo autenticamente di sinistra, che continua a sostenere le sue battaglie con una passione che non è più facile trovare in un politico. Lavorato testimonia come per otto anni anche Rosarno sia stato un esempio di accoglienza. Migranti africani, dell’Est europeo e rosarnesi si ritrovavano sulla stessa piazza, grazie ad uno sforzo collettivo per l’accoglienza. Perché è innegabile che l’accoglienza non è “innata”, ma nasce dal lavoro sodo di chi cerca di attivarsi per superare le incomprensioni. Le aggressioni ai migranti erano frequenti, ma si era riusciti spesso a riunire rosarnesi e “ospiti” per placare gli animi ed anzi dare maggiori prove di accoglienza. Ciò però è mancato l’ultima volta. L’ostilità si era sempre colta in una parte del paese, ma più che a razzismo o xenofobia era da collegare ad un senso di insofferenza verso il diverso, che bisogna lavorare per superare. All’ultima aggressione invece è seguita la protesta dei migranti che, anche per colpa di qualcuno che ha buttato benzina sul fuoco, è degenerata. A catena è seguita la reazione dei rosarnesi, strumentalizzata da chi ha saputo far leva sul sentimento di paura di cui la gente era ormai pervasa. Conclusione: la cacciata dei migranti e la fine di una esperienza di ospitalità, completamente spazzata via dalla messa in evidenza dei soli aspetti negativi di una convivenza durata anni. La colpa di ciò? Di certo la criminalità organizzata ha avuto un ruolo preponderante ma, aggiunge Lavorata, “dire ‘ndrangheta non significa togliere la responsabilità delle istituzioni”.
Riace è il laboratorio dell’accoglienza della nostra regione. Ne parla in modo entusiasta l’attuale sindaco Mimmo Lucano, che era rimasto tra i “fantasmi” di un paese destinato a condividere lo spopolamento di tanti altri. Se non fosse stato per i migranti, appunto. Il vecchio centro storico è rinato, è ripartito l’artigianato tradizionale, e si è sviluppato un piccolo “turismo solidale”. Questo anche grazie ad un “veliero portato dal vento” con a bordo curdi, che insieme ad altri migranti sono andati a riempire contenitori vuoti. Perché questo erano diventate le case della vecchia Riace. Non solo bronzi per Riace dunque (bronzi che tra l’altro sono a Reggio), e non solo cementificazione sostiene Lucano, perché non è un’opera pubblica in più che fa fare il salto di qualità ad un posto. Riace e Rosarno, facce di uno stesso Sud, anzi, di una stessa Calabria divisa tra accoglienza e diffidenza, dalle quali è evidente una lezione: che lavorando e credendo in ciò che si fa si può trasformare in risorsa anche ciò che, se lasciato in mani sbagliate, non farebbe che aggravare la situazione di una regione già di per sé difficile.

Lorenzo Coscarella

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