venerdì 20 novembre 2009

La lunga strada della sinistra nell'ultimo libro di Fausto Bertinotti


"Noi, gente di sinistra, viviamo nella paura. La paura, a volte sotterranea, a volte dichiarata, che la sinistra non ci sia più. Che essa sia scomparsa non solo dal parlamento e dai grandi media, ma dalla società, dalla cultura e perfino dalla vita quotidiana. E c'è addirittura chi pensa che non sia un'assenza temporanea, ma una vera e propria fine storica. Questa sensazione di scomparsa l'avverto anch'io, la sento sulla pelle, la vivo nei luoghi che non ci sono più. Perché i luoghi non sono, nient'affatto, soltanto dimensioni territoriali, o geografiche: per la sinistra sono sempre stati momenti di rapporto e di relazione, costruzione di politica, affermazioni di senso."
Sono parole di Fausto Bertinotti che trovano sfogo nel suo ultimo libro “Devi augurarti che la strada sia lunga” scritto a sei mani, con le giornaliste Ritanna Armeni e Rina Gagliardi per Edizioni Ponte alle Grazie. Il titolo del libro è un verso del poeta greco Costantino Kavafis, che nella sua Itaca scrive “Quando ti metterai in viaggio per Itaca, devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze”. Detto altrimenti potrebbe suonare: l’importante è il viaggio non la meta.
Come quando per il movimento operaio la meta era lo Statuto dei lavoratori o il contratto collettivo dei metalmeccanici, ma l’importante era la costruzione dello sciopero e la forte presa di coscienza durante il cammino, l’educazione sentimentale, la rivoluzione di sé prima che la rivoluzione mondiale.
E’ un Fausto meno retorico e più problematico, e in questo senso più politico, quello che si è presentato giovedì mattina all’Università della Calabria, nella stessa Aula Magna piena di studenti che ha infiammato tante volte. Ma stavolta non si canta bandiera rossa. “Storicamente abbiamo avuto sempre molte sinistre - ricorda Bertinotti – riconducibili almeno a due: una moderata e una radicale. Oggi non ne abbiamo neanche una”. Sono state entrambe sconfitte in Europa, definitivamente negli anni ’80 con l’avanzata dei governi di centrosinistra, ma la sconfitta è graduale e risale alla crisi del movimento operaio, quando negli anni Sessanta il partito comunista è incapace di cogliere le trasformazioni del lavoro di cui sono portatori l’operaio di serie e lo studente di massa. Ed oggi che il capitalismo finanziario globalizzato è entrato in crisi, oggi che i movimenti sociali hanno finalmente ragione agli occhi del mondo, dov’è la sinistra? Mentre in America Latina si riconquistano ampi spazi di democrazia, come in Bolivia o in Uruguay, con un presidente cocalero e uno tupamaros, in Europa la sinistra non si trova.
Il subcomandante Fausto racconta la sua educazione sentimentale, partita dall’esperienza vissuta con le operaie tessili e terminata come lui stesso ebbe modo di riconoscere “nel peggiore dei modi” con la sconfitta dell’aprile 2008. Ha un ottimo compagno di viaggio in questo peregrinare nella memoria sua e del Paese. Franco Piperno gli ricambia la cortesia e così come Fausto venne all’Unical a discutere criticamente il libro del professore sul Sessantotto, allo stesso modo il professore non si risparmia nell’approccio dialettico. Apprezza la connotazione positiva data dall’autore alla figura dell’operaio, attore consapevole del cambiamento in fabbrica e nella società, non povero o derelitto ribelle per disperazione. E sottolinea soprattutto il coraggio dell’uomo politico Bertinotti, che si è preso la responsabilità delle sue scelte (come quella infelice di diventare presidente della Camera), dimettendosi con onestà difronte alla sconfitta. “Ci sarebbe bisogno di più digiuni di potere da parte di tanti uomini della sinistra” secondo Piperno, il primo modo, uno dei tanti, per cominciare a fare qualcosa di sinistra.
Insomma se bisogna augurarsi che la strada sia lunga, dice Piperno, io mi auguro che si ritorni sulla strada, perché è dalla strada che si impara, non dalle segreterie di partito. L’unica democrazia possibile è quella partecipata, non quella rappresentativa, che ormai ha ampiamente dimostrato tutti i suoi limiti. Ed in questo forse, Fausto conviene quando riconosce che bisogna riconquistare uno spirito di rivolta individuale, in ogni momento e in ogni luogo, e riprendere il conflitto sociale come dimensione dell’agire collettivo.
Difronte a cotanta speme, noi ci permettiamo di sdrammatizzare concludendo con le parole che Jena, alias Riccardo Barenghi, dedica al nuovo libro di Fausto Bertinotti: Il nuovo libro di Bertinotti si intitola “Devi augurarti che la strada sia lunga. Tranquillo, Fausto, sarà lunghissima.

Daniela Ielasi

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