venerdì 21 giugno 2013

I candidati a rettore si confrontano "fuori dalle mura"


“Chini su’?” Per i cosentini che cercano riparo dall’afa su corso Mazzini in un tardo pomeriggio d’estate, i cinque che si passano il microfono seduti non proprio comodamente in piazza Kennedy fra le bandiere della Cgil, “su chiri i l’università”. Escluso Mimmo Cersosimo che qualcuno riconosce come “l’assessore”, e al netto dell’alto tasso di ‘cosentinità’ fra di loro (4 su 5 sono della provincia), i candidati a rettore invitati ieri dal sindacato a ragionare sul rapporto fra università e territorio, appaiono quasi come un miraggio “fuori dalle mura” dell’ateneo. Cittadini curiosi pochi, supporters assai: professori e ricercatori, qualche dipendente e un gruppetto di studenti.

Sono Gianfranco Trotta, Pino Assalone e Marisa Fasanella, della FLC Cgil, a introdurre e moderare il dibattito, ponendo le prime domande ai candidati e lasciando loro pochi minuti per rispondere. I temi cari al sindacato sono la mission dell’ateneo sul territorio, il modello Campus, l’esternalizzazione dei servizi, la nuova governance e il ruolo del personale.
Nelle loro risposte i candidati convergono tutti sul rilancio di un modello di Campus, più o meno aperto al territorio, che sappia contaminare senza contaminarsi troppo. “Noi dobbiamo passare dalla città con l’università alla città universitaria – spiega Cersosimo – diventando un esempio di vita comunitaria immune ai vizi esterni”. Dello stesso avviso Marcello Maggiolini che però parla di “città unica”, maggiormente integrata dall’Unical al centro storico. Più affezionato alle mura, Gino Crisci propone la rifondazione di “un Campus dotato di tutti i servizi necessari alla residenzialità oltre che di strutture culturali fortemente attrattive”. Ancora più netto Girolamo Giordano, che boccia gli enti locali specie sul servizio trasporti, caro e carente: “se questo è il territorio, allora è meglio non avere rapporti”. Mentre Patrizia Piro parte dall’antefatto e ribadisce la necessità di “un’università (e di un rettore) libera da condizionamenti politici, presupposto necessario per un dialogo alla pari con qualsiasi interlocutore istituzionale”, dal Comune di Cosenza al Ministero. Nessuno sembra particolarmente propenso ad innesti dell'Unical in città, già tutti abbondantemente falliti.
Il ragionamento scende anche nel concreto, con una serie di proposte per la mobilità sostenibile, i parcheggi a pagamento, la chiusura al traffico privato, le biciclette. Un campus verde insomma, anche con produzione autonoma di energie rinnovabili e raccolta differenziata dei rifiuti. E la gestione dei servizi affidata a cooperative di studenti, come nei campus americani, altro che esternalizzazione dei servizi. Praticamente tutto l'opposto di quanto realizzato fino ad oggi, ma con il caldo non c'è tempo per le critiche all'esistente: "no alla sindrome del fallimento" è lo slogan pronto del professor Cersosimo.
Sulla governance, tutti convinti di rimettere mano allo Statuto e ai regolamenti, con qualche disaccordo sui tempi necessari per farlo. Mentre sul ruolo del personale, le parole comuni sono valorizzazione, diritto di rappresentanza negli organi, normali relazioni sindacali, ma nessuno tocca il tasto più dolente, per rispetto degli organizzatori: quasi l'intero FFO va via in stipendi, non ci sono fondi per le progressioni, la pianta organica dell’ateneo è numerosa ma non pienamente efficiente, c'è chi lavora troppo e chi troppo poco, anche i dipendenti dell'Unical in tempi di crisi appaiono privilegiati da fuori le mura. Ergo, il programma del rettore può essere il più bello del mondo, ma se il personale non ritrova entusiasmo ed orgoglio d’appartenenza, misti a un po’ di spirito di sacrificio, non si andrà molto lontano.

Daniela Ielasi

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