venerdì 18 aprile 2008

Il coraggio e le lacrime di Pino Masciari


Paradossale, struggente, frustante. Tre aggettivi per provare a descrivere l’incontro di Pino Masciari con gli studenti dell’università della Calabria. Mercoledì 16 Aprile, una sala stampa insolitamente gremita ha assistito all’accorata testimonianza dell’imprenditore calabrese che da 11 anni vive a Torino, in pratica da quando ha avuto il coraggio e la tenacia di denunciare la ‘ndrangheta.
Ci si rende conto subito che Pino è un uomo di Calabria, e nonostante gli 11 anni di “esilio”, il suo accento lo dimostra, tutto questo lo rende subito simpatico agli occhi degli studenti Unical. Paradossale dunque, perché la sua storia ha del sorprendente: Pino Masciari intraprese l'attività lavorativa nell'impresa edile del padre rilevandola, nel 1988, alla morte di quest'ultimo. Per i successivi tre anni Masciari ha pagato con riluttanza le pretese estorsive di politici e mafiosi. Nel 1990 decise di non sottostare al groviglio di ‘ndrangheta e politica e di non pagare il pizzo che questi chiedevano, tale rifiuto lo rese nei mesi successivi vittima di minacce furti e incendi quando nel 1994 si rivolge ai carabinieri di Serra San Bruno e diventa collaboratore di giustizia.
Dopo quella denuncia Masciari ha perso tutto, impresa, amici e affetti, ed è in questo momento che le sue sorti diventano calvario e la sua storia assume i caratteri del paradosso, perché dalle sue parole ci si rende conto che il nostro è un paese dove le istituzioni non sono dalla parte dei giusti, un paese dove pentiti e liberi cittadini che denunciano i malavitosi vengono trattati con lo stesso riguardo, un paese, che a guardar bene i recenti risultati elettorali, dove il mangia cannoli Totò Cuffaro ha trovato posto in parlamento a discapito di Rita Borsellino.
Struggente perché le parole dell’imprenditore toccano le coscienze degli studenti presenti, il rammarico e le lacrime del collaboratore di giustizia, sopraggiunte quando ha accennato alla sua partenza per il programma e alle ripercussioni che le sue denuncie hanno avuto sulla vita dei figli e della moglie, non lasciano indifferenti. Frustante perché la caparbia tenacia di Pino Masciari, che afferma di continuare a credere nelle istituzioni, e la constatazione di cosa le istituzioni hanno fatto per lui (niente), indigna le nostre coscienze, ci da un senso di impotenza e innerva la lucida consapevolezza che molte volte ribellarsi alla ‘ndrangheta è una battaglia cervantessiana.
Gli abbiamo chiesto se alla luce di quello che la sua famiglia ha passato in questi anni abbia mai pensato che il denunciare politici corrotti e mafiosi sia stata una scelta sbagliata: “Mai - ci ha risposto - molte volte soffro per la situazione dei miei figli di mia moglie, ma mai ho rinnegato la scelta di ribellarmi, la scelta di denunciare i capi mafia di 4 provincie calabresi. Gli amici di Torino, le varie associazioni, i presidi sparsi in tutto il mondo mi danno il loro appoggio rendono le delusioni meno amare, e ti danno la forza di andare avanti.”
Abbiamo ascoltato una testimonianza autentica, dunque, e la speranza è che lo slogan di Pino Masciari e di chi quotidianamente combatte contro la mafia si realizzi “ogni persona che viene a conoscenza della mia storia mi allunga la vita di un giorno.”

Carmine Mura

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