martedì 8 aprile 2008
Non bisogna rassegnarsi agli "Impuniti": all'Unical la lezione del libro di Caporale
È stato presentato al Dam il libro “Impuniti. Storie di un sistema incapace, sprecone e felice” di Antonello Caporale; presenti l'autore, giornalista di Repubblica, Daniela Ielasi, direttrice del settimanale universitario Fatti al cubo, i due giornalisti Massimo Clausi (Il Quotidiano) ed Eugenio Furia (Calabria Ora), Domenico Cersosimo, docente UniCal e, da qualche tempo, vice-presidente della giunta regionale della Calabria.
Introduce e canalizza il dibattito Daniela Ielasi, che fornisce una prima lucida ricostruzione dei contenuti del libro: Impuniti è un viaggio nel malcostume tutto, o in gran parte, italiano di cui sembra esser protagonista indiscussa la classe politico-amministrativa ed imprenditoriale di questo Paese; un Paese in cui le risorse pubbliche vengono continuamente drenate e dirottate su progetti molto spesso illeciti e quasi sempre incapaci di produrre benefici concreti per le comunità locali.
È l'Italia sprecona, truffaldina, in cui ingenti risorse pensate per lo sviluppo dei territori assumono la forma di desolanti capannoni semi-costruiti e mai portati a termine, di depuratori volutamente mal funzionanti, o non funzionanti del tutto, di ponti e strade che forse non verranno mai solcati dai cittadini.
In questo l'Italia è compatta, non esistono differenze Nord/Sud, tutti competenti a truffare, chi più chi meno e al danno, per i cittadini, si somma la beffa, poiché molti di questi illusionisti restano impuniti; l'impunità viene favorita dalla difficoltà per la collettività di esercitare un'opera di controllo efficace, qualora gli organi invece appositamente preposti al controllo chiudono un occhio, o anche tutti e due.
È da questa consapevolezza che emerge con forza la proposta, ribadita da Ielasi e anche da Cersosimo, di una società civile che maturi e acquisti un senso civico e una consapevolezza tali da esprimere una politica altra e alta.
Economica, ma non meno appassionante ed appassionata, la lettura di Cersosimo, che spiega come in astratto non sia un male destinare fondi, anche consistenti, per la realizzazione di un progetto, purché ovviamente lo stesso venga effettivamente realizzato; le truffe alla Legge 488 – strumento attraverso cui il Ministero delle attività produttive distribuisce alle aziende italiane la gran parte degli aiuti statali a fondo perduto ed a tasso agevolato – ai fondi UE e in generale alle risorse pubbliche sono causate dal metodo stesso con cui vengono elaborati e selezionati i progetti considerati meritevoli di finanziamento. La prassi è quasi sempre la stessa, si parte dai fondi che si hanno a disposizione e si creano, spesso dal nulla, i bisogni da soddisfare con quei fondi. Quel che spesso accade è che questi bisogni artificialmente creati non corrispondono ai bisogni che concretamente vengono vissuti come tali dalla società, è per questo – sostiene Cersosimo – che le comunità locali dovrebbero autodeterminare i loro bisogni e, partendo da questi, ribaltando completamente il metodo, destinare risorse a progetti che coprano quei bisogni.
Schietto infine l'intervento di Caporale che racconta del suo viaggio lungo lo stivale, alle prese con un compito arduo, sotto il profilo editoriale (“La casta” di Rizzo-Stella era già uscito e il meritato successo dello stesso rischiava di offuscare la sua fatica) e anche sotto quello più propriamente procedurale (oggettivamente complicato scovare le piccole/grandi “magagne” del Bel Paese).
Col suo libro Caporale cerca di spiegare, attraverso la sua inchiesta ed i casi presi in esami, non solo quanto si spreca ma anche perché si spreca, spesso nel modo più spudorato possibile. “Lo spreco c'è perché l’entità delle cifre disponibili nelle casse dello Stato è elevata e l’immensa massa monetaria destinata agli investimenti copre il bene e il male che in essi si annida. Non tutti gli investimenti sono produttivi, non tutti sono ragionevoli.
Tutti, o quasi, sono però finanziati. Quando i cittadini sono ridotti a clientes, la leva finanziaria diviene il sostituto funzionale dell’apparato dei partiti oramai scomparsi. I soldi intercettano gruppi sociali; i soldi – anche attraverso gli investimenti bislacchi e improduttivi - alimentano la rete dei sostenitori, promuovono carriere, segnano fortune politiche. Non è prevista, e nemmeno richiesta, la resa del conto: ecco quel che ho speso, ecco come l’ho speso, ecco i risultati ottenuti”.
Dobbiamo rassegnarci a vivere in un sistema siffatto? No, ci sono molti strumenti che consentono di migliorarlo, primo fra questi, come dimostrano le inchieste giornalistiche di successo come questa, la formazione di un'opinione pubblica informata, critica ed indipendente, missione che, come precisa Ielasi, Fatti al cubo cerca di assolvere nel nostro piccolo mondo universitario.
Paola Staffa
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io penso che solo libri seri di questi altrettanto giornalisti seri smuovono le coscenze di questo paese dei furbetti
RispondiEliminasecondo me questo libro è sulla scia della casta... ma perchè ai giornalisti della casta e a quest'altri non succede nulla, non li querela nessuno??? c'è troppo marcio e chissà qnt ne uscirebbe ancora
RispondiEliminagli impuniti non si trovano solo in alto. anche in basso tra gli studenti c'è quella piccola casta di prediletti, quelli che a mensa hanno 2mestoli di rancio, invece gli altri 1, quelli che vanno a fare esami che si rivelano solo formalità... essere 'il figlio di' purtroppo paga e molto e fa ancora più male più si scende in basso.
RispondiEliminatroppe xsone pensano che 'tanto non si aggiusta niente', o che 'non saremo noi a cambiare le cose' e ancora 'meglio farsi i fatti propri' piuttosto che esporsi e rischiare davvero che le cose cambino...!!! questa è la più vile profonda OMERTà! apriamo gli occhi siamo giovani
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