La Peppa Marriti Band, con i suoi tempi
(che non sono quelli convulsi della discografia ai tempi di internet)
ha pubblicato il suo terzo disco, Ajëret (I Venti) il diciasette
Febbraio per MK Records.
Esattamente a sette anni da “Këndò!”,
Angelo Conte e compagni hanno rilasciato la loro terza fatica.
Dicevo, a sette anni dal secondo disco ed a dodici dal secondo
(“Rockarbëresh”), la musica della Peppa batte le solite strade
con il linguaggio consueto (l’Arbëresh) e lo fa con la classe che
conosciamo, affinata da anni di esperienza. La storia di questo
gruppo comincia molto prima, è bene ricordarlo, diciamo agli albori
degli anni Novanta, quando dei ragazzi innamorati del rock ‘n’
roll si ritrovano per creare un suono che possa ospitare anche la
lingua parlata nel loro paese di origine (Santa Sofia d’Epiro).
Sono momenti eroici che portano alla genesi di un demo (che per i fan
ha il valore di disco ufficiale), a concerti infuocati, dove assieme
ai pezzi storici della Peppa, vengono proposte cover di Tom Waits
(Jersey Girl), Leonard Cohen (The Window), Bob Marley (Redemption
Song, in coda alla quasi punk Tatanka) e della Nuova Compagnia di
Canto Popolare (Brigante se More).
Personalità
fondamentale, in questo primo periodo della Peppa Marriti Band, è
Luigi Fabbricatore, un artista poliedrico che, oltre ad occuparsi dei
testi, produce la copertina del demo e si cura della grafica della
band (in contemporanea pubblica due libri di poesie Bluezjana e Fango
sotto il Cielo). La Peppa sembra lanciatissima, e la partecipazione
al festival Arezzo Wave sancisce il momento di forma strepitosa del
gruppo. Quella creata dalla band è una vera e propria poetica che ha
per protagonisti perdigiorno ubriaconi, falegnami artisti votati
all’autodissipazione e una malinconia di fondo che sconfina con il
blues (blues ovviamente rurale; una volta qui era, infatti, tutta
campagna!). Come tutte le belle storie non mancano i momenti
difficili: ad un soffio dagli anni duemila, la Peppa Marriti si
ritrova con la formazione decimata. Sono giorni duri, dopo un
comprensibile periodo di smarrimento la band si riorganizza attorno
alle figure di Angelo Conte (che assume l’onere o l’onore delle
parti vocali e lascia il basso per la chitarra acustica) e Pino
Murano (virtuoso del violino che è nella band, fin dagli esordi,
anche come fisarmonicista). Il risultato è un E.P. (Pes Copa, cinque
pezzi in italo albanese). Una ripartenza che cattura soprattutto in
pezzi genuinamente rock come Diamandi e Cusendini e I Bier. La
formazione nel corso degli anni trova una sua stabilità, e
l’ingresso del bassista Demetrio Corino (da Spezzano Albanese) è
una fortuna, perché il musicista si appassiona così tanto alla band
da diventarne il biografo ufficiale, pubblicando nel 2013, per la
casa editrice bolognese Pendragon, il libro Rockarbëresh. Al
momento, oltre ai tre già citati, la Peppa Marriti Band vede tra le
sue fila anche Antonio Castrovillari alla chitarra elettrica, e
Francesco Greco alla batteria (il disco è stato registrato, però,
con l’intervento, alla batteria, di Nunziato Di Benedetto).
Questo Ajëret è un lavoro che ha
avuto una gestazione lunga e meditata. Parlandone con Bobo, è
evidente tutta la sua soddisfazione. Negli anni ha preso il
predominio nel suono (e nelle tematiche della band) la parte più
folk. Su dodici brani, cinque sono canti tradizionali (Holqa një
shërtimë, un vjersh bivocale, del quale si sente qualche verso al
principio della canzone) o comunque testi di autori italo albanesi
riadattati alla bisogna (come invece capita per Petkat e Poezia).
Molto interessante è il lavoro fatto su 25 Gërsheta, canzone
tradizionale della zona di Korçia, in Albania, che viene reso con un
elegante reggae rock alla Dexy’s Midnight Runners. E' questo il
brano che ci permette di intravedere lo splendido rapporto che si è
creato fra la Peppa Marriti Band ed il suo pubblico oltre adriatico
(in effetti negli anni, la band di Santa Sofia, ha avuto modo di
esibirsi, con ottimi riscontri, in Albania e Kosovo). Bobo non ha mai
smesso di essere un sognatore, un Billy Bragg (anche un po’ Joe
Strummer) animato da un Cristianesimo stradaiolo e terzomondista,
così, anche questa volta, in brani come Putorat (Prostitute) e
Pepparabia non lesina le sue impressioni su un mondo sempre più
cattivo che non riesce a riscattarsi dalla desolazione portata dal
razzismo e dall’egoismo umano. Poezia è un inno antimilitarista,
il fatto che sia un riadattamento di un testo scritto alla fine
dell’ottocento non toglie nulla all’attualità della riflessione.
Alla fine dell’ascolto, nonostante la
predominanza dei momenti folk, anche il fondamentalista rock più
militante trova momenti di puro piacere, come ad esempio nel duello
finale fra batteria, chitarra e violino in Ajëret (della quale
esiste anche un bel video girato da Arash Radpour). Mentre Putorat
parte come una ballata dei Pogues e finisce in una scorribanda
elettrica alla Tom Petty and the Heartbreakers (ed infatti, Bobo,
mentre racconta di prostitute sfruttate ed umiliate ci spezza il
cuore più volte!). Si Cingra, è un racconto di tristezza e di
ricordi di povertà ed emigrazione. I nostri nonni che lasciarono la
Calabria per la Svizzera vengono paragonati agli zingari. Una
assimilazione molto poetica, che è anche una dichiarazione di
pacifismo. Infatti, al momento, i ROM sono odiati e messi nella
colonna dei cattivi a prescindere. Se non avesse già i suoi problemi
con l’Italiano, sarebbe bello far ascoltare Si Cingra a Matteo
Salvini (ma la capirebbe?). La chiusura è per la dolcissima Ka
Vrestha, una love song delicatissima e struggente.
Noi, ancora li aspettiamo seduti sui
gradini della chiesa. Proprio come cantavano nel 1994, in Rock‘n’Roll
Arbëresh.
Peppa Marriti Band – Ajëret-
MK records (2017)
Michele
Trotta
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