Nell’edizione
originale della Locandiera, Carlo Goldoni scrive un’introduzione dal sentore
aspramente misogino, invitando i suoi lettori, soprattutto quelli più giovani,
a diffidare dalle donne dal pianto facile e dalla lusinga gratuita. Nello
srotolarsi del testo goldoniano prende forma un carattere femminile
contraddistinto dalle capacità seduttive e manipolatrici di Mirandolina, e per
contrasto emerge un maschile avido, possessivo, pietrificato e raggrinzito
dall’avarizia. Da questo maschile e femminile perverso scaturisce il gioco
bellico fra uomo e donna che anima il testo goldoniano. Di tale contrasto è
animata anche La Locandiera B&B di Edoardo Erba con Laura Morante, andata
in scena il nove marzo al Teatro Auditorum Unical, ma del testo goldoniano è conservato
solo lo snodo germinale.
La Locandiera B&B, ambientato in un alberghetto
toscano, vede Laura Morante nei panni di Mira, una novella Mirandolina un po’ più
ingenua di quella di goldoniana memoria, ma che ben presto saprà riconoscere,
ed usare, il suo potere seduttivo ai danni di un maschile che trascura, impone,
pretende, mortifica, reifica.
L’ambientazione
è a metà fra il giallo classico ed il noir, i toni sono cupi, tesi, la tensione
quasi sempre alta. Le musiche sottolineano i momenti cruciali e contribuiscono,
con la loro funzione retorica, ad aumentare la suspense. Bella e precisa la
recitazione degli attori. Impeccabile il ritmo, che spesso subisce delle
improvvise accelerate (soprattutto durante le uscite di scena degli attori)
quasi come se col telecomando avessimo innescato la funzione fast motion. Godibile anche l’equilibrio
della scena, sempre perfettamente bilanciata. Appetibili per i nostri occhi
avidi di spettatori risultano poi le controscene del primo atto: perdere il
controllo della propria attenzione e lasciarla nelle mani del processo scenico è
davvero un piacere.
I punti forti sono prevalentemente sensoriali: è grazie a
questa sapienza artigianale nella costruzione dello spettacolo che si può
sopperire alla mancanza di una trama forte e avvincente. Il tutto è edulcorato
da una linea di humor nero che dal personaggio di Mira si irradia lungo tutta
la messa in scena, che nel secondo atto però, perde un po’ della sua
freschezza, ma soprattutto della sua appetibilità visuale. Il pasto viene
negato al voyeur nel secondo atto, e l’eccitazione muore fra le anguste mura di
un corridoio arredato con una piccola scarpiera in legno chiaro. In questo
corridoio avverrà anche la transizione di Mira: da bugiarda ingenua preoccupata
solo dall’intavolare cibo e argomenti per i suoi commensali, a tiepida e
simpatica canaglia che lascia tutti, ma proprio tutti (clienti affaristi,
contabili e marito), con un palmo di naso.
Gianbattista
Picerno
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