6 febbraio 2017, un
quarto d'ora alle 11. L'auto del Presidente Sergio Mattarella imbocca
il secondo ingresso che porta all'Università della Calabria. La
strada è stata asfaltata di fresco dal Comune di Rende, giusto lo
spazio del percorso, le strisce bianche spiccano pulite sull'asfalto. Il tragitto è deserto, puntellato solo da sirene blu:
polizia, municipale, provinciale, carabinieri. Il Campus è
transennato all'inverosimile, transenne giunte per l'occasione da
Cosenza e Castrovillari, impediscono la libera circolazione. I
cecchini posizionati sul tetto, la Digos al completo inutilmente
indaffarata. La pioggia cade fitta, poche anime in borghese si
aggirano sotto gli ombrelli: le attività didattiche sono sospese
fino alle 14 e chi non è riuscito a prenotarsi per l'inaugurazione
del 45° anno accademico, non ha ragione di essere qui.
Nessuna accoglienza per il Presidente, solo un fitto protocollo da
rispettare alla lettera. Tutti dentro entro le dieci meno un quarto,
ad attendere per oltre un'ora l'inizio della cerimonia. L'aria è
irrespirabile, le porte sono presidiate e devono rimanere chiuse, a
costo di sentirsi male. I distributori sono disattivati e l'acqua va
richiesta al bar. La posizione peggiore è quella del Coro
Polifonico, tutti in piedi sul palco ad aspettare l'ingresso del Presidente.
Ma almeno loro hanno diritto a stare alzati, per gli altri è un
continuo invito a rimanere seduti al proprio posto. I rettori giunti
da Reggio e Catanzaro, Basilicata, Puglia, Sicilia, Campania e Roma,
sudano sotto gli ermellini. Sfilano i direttori di dipartimento in
toga, dissidenti compresi: per loro è stata riservata la terza fila,
dietro le cariche ecclesiastiche, ma davanti a senatori e consiglieri
d'amministrazione. Le primissime file sono dei politici, Bruno
Bossio, Magorno e Aiello in testa, poco più in là Tonino Gentile,
poco dietro, i sindaci con la fascia tricolore, come Mario Occhiuto.
Il settore del Consiglio degli Studenti è bello compatto, quello
della stampa un poco meno: i cronisti si alzano, girano, escono,
osservano, fanno il loro lavoro, finché qualcuno non li invita a
risedersi. La sala stampa è un'oasi nel deserto, le finestre sono
aperte, si respira. Da qui si vede l'arrivo del Presidente.
Ed eccola la macchina
presidenziale, finalmente, avvicinarsi al piazzale dell'Aula Magna.
Il comitato d'accoglienza è formato dal Magnifico Rettore, dal
sindaco di Rende Marcello Manna, dal prefetto di Cosenza Gianfranco
Tomao e dal Governatore della Calabria, Mario Oliverio. E'
quest'ultimo a stringere la mano a Mattarella per primo, quasi fosse
il padrone di casa. E' lui a presentargli Gino Mirocle: i due
presidenti si sono già incontrati un anno fa a Catanzaro, per
l'inaugurazione della nuova cittadella regionale. Benvenuto
Presidente all'Università voluta da Beniamino Andreatta, cui la lega
un sentimento profondo e una storia politica comune, dalla sinistra
democristiana al partito popolare. Con lui c'è l'altra storica
compagna di partito Rosy Bindi, e i ministri dell'Interno, il
calabrese Marco Minniti e dell'Istruzione, Valeria Fedeli. In altri
tempi, questa signora dai capelli rossi che ha mentito sui suoi
titoli di studio e che una laurea non l'ha mai presa, nonostante la
sua militanza femminista, si sarebbe beccata almeno qualche fischio.
Invece per gli ospiti è stato preparato un salottino d'epoca al
primo piano, sorvegliato da un altissimo corazziere: si intratterranno
quindici minuti esatti, il tempo di rinfrescarsi, sorridere ai
fotografi, scambiare due parole, firmare il registro degli ospiti
illustri dell'ateneo.
E' tempo di cominciare la
cerimonia, che durerà un'ora e un quarto – meno dell'attesa
della cerimonia, ndr - il Presidente Mattarella deve ripartire subito per
Roma dove lo attende l'incontro con i giovani magistrati al
Quirinale. Tutti in piedi per l'inno di Mameli cantato dal coro,
qualcuno azzarda una mano sul petto. Un video mostra al Presidente la
faccia migliore dell'Unical: le meraviglie del Campus, con alloggi,
teatri e centri sportivi; l'ampia gamma di corsi di laurea, con
grandi aule, biblioteche e laboratori; gli studenti internazionali,
gli impianti fotovoltaici, la notte dei ricercatori, l'incubatore di
imprese Technest; “all'Università tutto bene”, direbbe Brunori.
A completare il quadro idilliaco ci penserà il Magnifico Rettore con
il suo intervento: poche e composte critiche al definanziamento del
sistema universitario negli ultimi dieci anni, che penalizza gli
atenei del Sud, ma per il resto tutto bene. “Una città
di giovani, in una regione che da decenni perde i suoi giovani”: si
aggrappa alle parole di Andreatta il rettore. “Dopo Andreatta –
continua - i Rettori susseguitisi nel tempo, alcuni dei quali
presenti in aula, hanno in gran parte continuato quell'originario
disegno innovatore”. Un disegno fallito, lo sanno tutti i
presenti, non per le intenzioni ma per la sua mancata realizzazione:
oggi l'Unical è una città deserta quattro giorni su sette, che
perde immatricolati, la metà dei suoi studenti non va oltre il primo
anno, e i suoi laureati continuano ad emigrare per non finire nei
tanti call center che affollano la zona industriale di Rende.
Certo,
le storie esemplari non mancano, come quella del siriano Bashar
Swaid, fuggito da Aleppo con moglie e figli, grazie a una borsa di
studio dell'Unical: qui si è laureato e dottorato in Ingegneria con
una tesi sulle “strategie di ricostruzione della città di Aleppo
dopo la guerra”. Bashar parla emozionato in Aula Magna,
ringraziando la Calabria e l'Italia per l'accoglienza ricevuta, ma la
sua testimonianza non basta a cancellare le parole di Domenico
Tulino, presidente del Consiglio degli Studenti, che prima di lui non
ha risparmiato critiche alla classe dirigente, denunciando fra gli
applausi “l'inadeguatezza della governance del nostro Ateneo” e
“l'ingiustizia e la prevaricazione di chi governa la cosa
pubblica”. Si percepisce un certo imbarazzo in sala, sui volti del
neo prorettore Domenico Saccà e del delegato al Centro Residenziale
Luigino Filice. Crisci non si scompone, d'altronde i discorsi sono
scritti e noti ancor prima di essere pronunciati, e la protesta
compatibile di Tulino ridona autenticità ad una narrazione noiosa
quanto ingessata. E dopo l'intervento della rappresentante del
personale Paola Dodaro e la lectio magistralis del professore Nicola
Leone sull'“Intelligenza artificiale tra Godel e Turing”, arriva
il momento più atteso.
“Naturalmente non tutto
funziona come dovrebbe”, risponderà nel suo breve discorso di
chiusura il presidente della Repubblica, complice “la crisi
economica che si avverte soprattutto al Sud, dove tanti giovani non
trovano occupazione”. Ma elogia l'Unical Mattarella, per i suoi
aspetti innovativi, “anche nella struttura”, per l'accoglienza
degli studenti internazionali. In un momento così difficile “abbiamo
bisogno di catalizzatori come l'Università, presidio di cultura e di
legalità”. E' un intervento a braccio il suo, pochi pensieri,
precisi e asciutti, il primo dei quali va all'amico Andreatta e alla
“sua propensione eclettica complessiva nei confronti della
cultura”, che ha ispirato un progetto così lungimirante come
l'Unical, in un contesto così difficile come la Calabria. In aula
c'è un silenzio assoluto, il microfono è distante e le parole di
Mattarella si percepiscono appena. L'ultimo pensiero è un augurio
all'ateneo, e “un apprezzamento per il ruolo che svolge in questo
territorio: da qui può venire la crescita e la ripresa del Paese”.
Applauso scrosciante e liberatorio. E' finita. Tutti fuori: si
ritorna alla realtà.
Daniela Ielasi
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