L’arte
corre lungo un filo, sta a noi accorgercene o ignorarlo. Ad essere
distratti, si finisce per inciampare e scoprire che, da due anni a
questa parte, nell'indifferenza quasi generale, quel filo porta fino in
Calabria, a Cosenza, più precisamente in ventisette contenitori di
pura creatività.
Il
progetto “BoCS Art”, nato nel 2015 da un’idea del Comune di
Cosenza con il contributo del critico d'arte Alberto Dambruoso e dei
giovani dell’associazione culturale “Raku”, prevede che gli
artisti invitati a partecipare realizzino un’opera da offrire a
quello che sarà il futuro Museo d’arte contemporanea della città.
L’aspetto interessante di questo percorso è il desiderio di creare
una rete empatica tra il visitatore e l’artista, mirando a
costruire e sviluppare, in futuro, una vera e propria comunità. Dal
2015 ad oggi si sono alternati, stabilendosi per un tempo massimo di
tre settimane, quasi 200 artisti italiani e non, provenienti da ogni
angolo del mondo come Stoccarda, Zurigo, Bangkok, persino la Nuova
Zelanda.
La
particolarità di questo progetto è che l’arte viene presentata
senza lineamenti, vincoli né coordinate, ognuno è chiamato ad
esprimersi seguendo il proprio indirizzo creativo: fotografie,
cemento e legno diventano così protagonisti di questo nuovo ciclo di
residenti dei “BoCS art”
iniziato i primi di ottobre. Sulla giostra
degli artisti, questa volta, sono saliti soprattutto nomi italiani:
tra gli altri, circa una ventina in tutto, abbiamo incontrato Camilla
De Maffei, Giovanni Longo e Alice Paltrinieri.
“La
fotografia non è solo un modo per rappresentare la realtà dei
fatti, ha una sfumatura emotiva e soggettiva. In questo progetto
voglio che emerga la relazione intima tra persone e luogo vissuto”:
con queste parole Camilla De Maffei, fotografa trentina autodidatta,
ci spiega il percorso a cui sta lavorando durante il periodo di
residenza calabrese.
Giovanni
Longo (nella foto in basso), nato a Locri, gioca in casa e lo fa lavorando il legno per dar
vita a strutture scheletriche. “Preferisco spostarmi personalmente
per recuperare materiali lignei sulle foci dei fiumi, cercando di
valorizzare la rinascita di elementi che, altrimenti, resterebbero
ignorati ed inutilizzati”, così l’artista calabrese presenta lo
scheletro di un cetaceo, opera destinata al futuro museo cosentino.
Nascondersi
nei propri lavori, sentirsi protetti dalle proprie opere oscillando
così tra costruire e distruggere, è ciò che succede, invece, alla
romana Alice Paltrinieri. Classe 1987, formatasi in scenografia
presso l’Accademia delle belle Arti, attraversa un periodo dedicato
alla pittura per poi arrivare alla lavorazione del cemento. “Lascio
che le mie sculture astratte, simili a monoliti, diventino motivo per
indagare sulle convenzioni sociali, riportando così l’uomo alla
sua libertà originaria”.
I percorsi
di questi tre artisti – e dei loro colleghi – arriveranno al
capolinea il 27 ottobre prossimo, data in cui si terrà l’atto
conclusivo della residenza artistica e la presentazione finale dei
lavori al pubblico calabrese che, si spera, accorrerà numeroso.
Salvatore
Barletta
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