Sembra candida la camera da letto, come gli schiamazzi
iniziali dei due neo sposini che ne varcano la soglia, lei in braccio a lui,
come vuole la tradizione. Candidi sono anche gli sguardi dei soliti
appassionati di teatro che si rincontrano al Piccolo dell’Unical. Sembrano
avere gli occhi appagati perché qualcosa accade da queste parti, le residenze
son finite, ‘eppur si move’ il teatro.
Comunque,
torniamo agli appassionati accorsi al debutto della nuova produzione di Rossosimona
diretta da Lindo Nudo , “Felici matrimoni” è il titolo della pièce, in
collaborazione con il teatro della Maruca.
Un
Ptu quasi pieno quello di martedì scorso (lo spettacolo si è replicato anche il 21) per
i tre atti unici dal riso amaro interpretati da Carlo Gallo e Vincenzo Leto che,
giusto il tempo di qualche sdolcinata smanceria di routine, non tardano a
rivelare i loro avidi interessi materiali, i giri d’affari, gli amanti e i
figli degli amanti. I due attori crotonesi agilmente cambiano ruolo e sesso.
Per una commedia degli scambi ma non degli equivoci appare chiaro ora l’accordo
ora il conflitto di interessi nei vari
intrighi amorosi, dove sembra vincere l’uomo due su tre, perché nel primo atto
si pareggia.
La prima coppia, scaltra e sincera, attua un matrimonio collante per una mega fusione aziendale costruita su stacchetti pubblicitari televisivi, facendone emergere la felicità vuota degli attuali sfarzi del rito matrimoniale.
La prima coppia, scaltra e sincera, attua un matrimonio collante per una mega fusione aziendale costruita su stacchetti pubblicitari televisivi, facendone emergere la felicità vuota degli attuali sfarzi del rito matrimoniale.
Il cambio atto, tipo sketch da cabaret,
avviene come un gioco di prestigio, in realtà tutta la messa in scena sembra far eco al varietà e per scelta
registica e per le preziose scenografie in legno di Angelo Gallo, frutto di una
continua ricerca figlia del teatro dei burattini di tradizione calabrese alla
quale l’artista è dedito. Altra sequenza, quella del secondo atto, è la nascita
di una profonda amicizia tra marito e amante di una donna ossessionata e
ossessiva per la quale i due convengono sulla necessità di liberarsene; qui il
gioco dei travestimenti si intensifica quanto la destrezza degli interpreti.
Mentre la terza coppia richiama in un canone inverso la morte eduardiana,
quella salvifica, dove una moglie molto
malata miracolosamente guarisce, perciò il marito, ormai comodamente rassegnato
all’idea della sua perdita, la fa morire
di sfinimento. Con la militarizzazione della poveretta in stile marines, resa
plausibile dal meticoloso consorte che incredulo vuole appurarsi dell’avvenuto
miracolo - l’intreccio qui eredita la figura dell’astuto servo della commedia classica resa
attuale dai ritmi incalzanti - questa, finalmente, muore. Sono i “Felici matrimoni” di oggi, candidi anche nei
soprusi.
Valeria Bonacci
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