Fare
cinema a tutti i costi, fino in fondo, senza alternativa possibile, perché il
cinema è come la vita: non puoi farne a meno. E Max Mazzotta lo fa il cinema,
anche a costo di portarlo a teatro, senza mezzi, senza produttori, forte di un
pugno di attori che esalta e fidelizza, nella duplice veste di regista e
attore. Il suo nuovo spettacolo “Commedia all’italiana”, messo in scena al PTU
dell’Unical dal 13 al 15 dicembre con la compagnia Libero Teatro, è veramente
costruito come un film. Si parte dal montaggio per ritornarvi alla fine della
pièce, a chiusura di quel cerchio felliniano, ripetuto come un tormentone, che
tutto racchiude. Dentro il cerchio si agitano ciak, monitor, telecamere e
riprese proiettate in diretta su schermo, frammenti di film in bianco e nero
che accompagnano le scene dal vivo, ritagli di provini, e continue citazioni
che omaggiano sì la commedia amara all’italiana, da Totò a Dino Risi, ma anche
la stessa storia del cinema rappresentata dal monello di Chaplin.
Max
Mazzotta/Tommy Mix è un abile miscelatore di linguaggi, un animale teatrale
fatto di corpo e voce, gestualità e maschere irresistibili, padrone perfetto
dei tempi cinematografici – “quelli comici, che di quelli tragici ne abbiamo
abbastanza” – protagonista della scena solo perché regista, mai perché attore
principale. Il ritmo perfetto lo raggiunge sempre in coppia, con il suo attore
feticcio Paolo Mauro: Mimì e Carminuzzu di Prove aperte sono affiatatissimi,
esilaranti, da applausi a scena aperta quando si stringono in un acrobatico
tango. Le figure femminili non sono da meno – sorprendente prova per
l’eclettica Alma Pisciotta – generosi seppure più acerbi Antonella Carchidi,
Francesco Rizzo, Matteo Lombardo.
La
sceneggiatura è costruita su due livelli: c’è la storia di un padre sfigato che
rapisce la figlia dal convento e le promette un futuro da sogno grazie al nuovo
copione cinematografico che ha scritto, ma viene inseguito dai carabinieri, lo
salva una prostituta, viene arrestato, riesce a evadere e (forse) a ritrovare
la figlia perduta. E poi c’è la storia di un regista folle,
creativo e cinico, che non sa fare altro che girare, girare e girare, spingendo il neorealismo alle
estreme conseguenze, perché dai disastri nascono cose meravigliose, come dalla
tragedia nasce la comicità. Sono due storie - o forse una sola ? - che ci fanno
ridere perché parlano di noi e delle nostre miserie – d'altronde tutti siamo un
po’ Fantozzi – ma il teatro e il cinema hanno il merito di renderle universali,
dunque più accettabili.
Il
finale spetta al pubblico – numeroso quanto divertito – perché dopo aver mixato sapientemente i suoi ingredienti, il regista ha compiuto la sua
missione: scrivete il vostro copione, fate il vostro montaggio, ma soprattutto
ridete di gusto.
Daniela
Ielasi
(foto Pietro Scarcello)
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