La
crisi aperta dalle dimissioni del prorettore dell'Unical Guerino
D'Ignazio, nonostante la quiete apparente, è tutt'altro che
archiviata. Uno dopo l'altro, i principali sostenitori del rettore
Crisci, stanno dichiarando pubblicamente (alla stampa prima ancora
che alla comunità universitaria) il fallimento di un rettorato che
hanno contribuito ad eleggere e che si trova oggi, esattamente a metà
del mandato, in un'empasse imbarazzante.
Il
governo che non c'è. L'ultima presa di posizione è quella
di Paolo Veltri, direttore del dipartimento di Ingegneria Civile e
senatore accademico, che in un'intervista a Il Quotidiano del
Sud, ha denunciato il metodo poco collegiale utilizzato dal
rettore nelle sue scelte, affidandosi completamente al Consiglio
d'Amministrazione e tagliando fuori il Senato accademico. Stessa
sorte per i Dipartimenti, secondo Veltri, poco ascoltati se non in
colloqui privati con qualche direttore. Questo metodo, per il
direttore di Ingegneria Civile come già per l'ex prorettore, ha
portato alla rottura.
Sul
metodo si era focalizzata anche la lettera di Raffaele Perrelli,
direttore di Studi Umanistici rientrato da un anno in Senato, una
lettera dai toni durissimi nei confronti del rettore diffusa
all'indomani delle dimissioni del prorettore. Il “governo che non
c'è” lo aveva chiamato Perrelli, manifestando la sua “grande
delusione” per la “deriva personalistica” e l'inadeguatezza di
una simile gestione sotto il “profilo culturale e intellettuale”
difronte alla crisi delle università meridionali. “Quello che
abbiamo davanti – concludeva la lettera - non è lo spettacolo di
geometrica potenza di chi costruisce il consenso argomentando e
istruendo, ma piuttosto l’improvvisa visione di un paesaggio non
antropizzato, primordiale ma privo di grandiosità e bellezza, una
sorta di deserto senza luce, una lunga notte di cui fatichiamo a
immaginare la fine”.
Una
cattiveria inquietante. La “ferma amarezza” di Perrelli,
dopo qualche giorno di gelo, ha provocato una reazione altrettanto
ferma dal fronte opposto. “La lettera
del prof. Perrelli è, a mio avviso, brutta, intrisa di una
cattiveria inquietante. È una lettera sbagliata perché fa un danno
enorme all’Università ma anche alla stessa immagine di apprezzato
studioso che tutti riconoscono al prof. Perrelli e rende,
oggettivamente, più difficile la prospettiva di un suo rettorato”.
A scrivere è Pasquale Versace, il mezzo scelto questa
volta è Mercurio, la mailing list d'ateneo. Pochi giorni prima del
suo pensionamento, il professore di Ingegneria, che sfidò Latorre
durante la terza elezione a rettore, si è voluto togliere qualche
sassolino dalle scarpe. Proprio in occasione di quelle elezioni,
Perrelli dichiarò il proprio sostegno a Latorre intervenendo in un
corpo accademico (“Versace è di destra”, ndr), e due anni dopo
guidò con la stessa convinzione il fronte dei presidi contro lo
stesso Latorre. Oggi succede dinuovo. “Sono
cambi di valutazione abnormi che fanno dubitare della perspicacia di
chi vorrebbe esercitare la leadership nel nostro Ateneo”. Immediata
la risposta di Perrelli: “anche se indossa il saio del Poverello di
Assisi, nessuno può ignorare che egli (Versace, ndr) è stato, tra
l’altro, amministratore di un PON da oltre 10.000.000 di euro e che
è riuscito ad attraversare nelle vesti del grande elemosiniere più
rettorati torcendosi senza pudore verso l’uno o l’altro dei
potenti di turno. Nessuno può ignorare che è stato tra i promotori
della nascita di un dipartimento che ha prontamente abbandonato
quando non ne è stato eletto direttore”. Con Versace si sono
schierati altri docenti, come Mario Maiolo, ex assessore regionale, e
Franco Rossi, attuale assessore regionale.
Il
nocciolo della questione. In
questo fuoco incrociato c'è anche chi prova a spostare il dibattito
dal piano personale ad un piano più riflessivo su “l'università
che vorremmo”, come Riccardo Barberi, docente di Fisica. Il
nocciolo della questione potrebbe essere proprio questo: non basterà
accordarsi in Senato sui posti di ordinario poiché, a causa dei
tagli che il sistema universitario subisce da anni, due visioni
divergenti sul futuro dell'ateneo sono entrate definitivamente in
conflitto. Da una parte i dipartimenti scientifici, con la ricerca
applicata, i brevetti, gli spin-off, dall'altra i dipartimenti
umanistici con la formazione dell'individuo, la coscienza critica, la
crescita culturale e intellettuale, e sullo sfondo il sogno proibito
della facoltà di Medicina, che qualora si realizzasse risucchierebbe
ogni risorsa. Più o meno apertamente c'è chi dice che i saperi
“improduttivi” non meritino di sopravvivere, che i dipartimenti
debbano ricevere i fondi in base alla valutazione della ricerca, che
l'era dei fondi a pioggia vada chiusa per sempre. Mors
tua, vita mea. E' un dibattito
difficile, perché riguarda la lotta per la sopravvivenza, ma
affrontarlo è l'unico modo per uscire dell'empasse.
Daniela
Ielasi
Da una parte i Dipartimenti Scientifici e dall'altra i Dipartimenti Umanistici...il discorso del Presidente del Consiglio al Politecnico di Torino nel Febbraio 2015 aveva già ben indicato la direzione che l'Università dovevano intraprendere ed oggi con Il Piano Nazionale 4.0 è tutto ben confermato!!!
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