Si è conclusa domenica 23 ottobre la tre giorni di
More Focus Calabria, rassegna teatrale organizzata da Scena
Verticale al Castello Svevo di Cosenza, che ha visto avvicendarsi sul
palco teatranti e spettacoli eterogenei. L'offerta è stata davvero
diversificata, dai percorsi interattivi sensoriali di Conimieiocchi e
Confine Incerto ai concerti RockOedipici di Manolo Muoio, passando per
le atmosfere fobiche di Formiche (Nastro di Mobius) e poi ancora
Scena Nuda con Un vecchio gioco. Interessante la riflessione sul cibo
(soprattutto al tempo dell'ortolessia come apice delirante della
società dei disturbi alimentari) di Compagnia Ragli con Tette –
Mastoplastica alimentare. E non sono mancati neppure i classici, ci
hanno pensato i crotonesi di Teatro della Maruca con Il servo di
Amleto.
L’ultima giornata si è aperta con la lettura
scenica di L’incidente – io sono già stato morto di Francesco
Aiello, racconto di un’ipocondria post-traumatica, di una
fissazione su un incidente, ormai lontano nel passato ma che continua
a condizionare il presente. Il tutto si svolge in un interno
familiare che riflette sulla difficoltà di prendersi cura di chi
amiamo, soprattutto se chi amiamo è portatore di un disagio
esistenziale. Nel pomeriggio, sono andati in scena Nino Racco e poi
Ernesto Orrico, il primo con Opera Aperta, che oltrepassa, ma incarna
formalmente il riferimento ad Umberto Eco.
La struttura aperta ai
cambiamenti si fonde con la maestria scenica di Racco, per raccontare
la storia di omicidio, impolverata e buttata nel dimenticatoio grazie
alle potenti capacità di rimozione di un popolo, quello calabrese,
forse più vicino di altri popoli europei ai processi psichici
primari. Commovente e suggestiva l’opera di Nino Racco si presenta
come una delle proposte più mature del festival. A seguire La mia
idea. Memorie di Joe Zangara. Lo spettacolo di Orrico da voce ad un
personaggio qualunque, e ne racconta le vicende rendendolo
interessante, anche prima di scoprire che Joe Zangara non è un
personaggio qualunque, ma un piccolo uomo calabrese, che forse non ha
profondità o abissi psicologici da narrare, (anche perché non
sempre gli umani, e soprattutto quelli calabresi di cento anni fa,
hanno dense attività mentali, ci sono alcune forme mentis meno
nevrotiche che pensano meno, che hanno la saggezza delle cose e non
dei concetti, una forma mentis ormai scomparsa) ma racconta bene come
un uomo/cosa, attraversando le ingiustizie e sottoponendosi alle
vessazioni di una vita, possa arrivare a concepire ed attuare
l’omicidio del presidente di una nazione, “amico dei
capitalisti”, secondo il parere di Joe. La serata si chiude con
Francesco e il Re, sul bellissimo testo di Vincenzo Ziccarelli messo
in scena dalla regista Adriana Toman.
Dalla tre giorni sono emersi i punti deboli, ma
anche un notevole potenziale, a volte inespresso, o la ricerca di
nuove vie sperimentali del teatro calabrese. La rassegna, che ha
visto protagonisti compagnie e attori giovani e altri più navigati,
è stata un'ottima occasione anche per riflettere sullo stato
dell'arte. Si è discusso di drammaturgie, di poetiche, di linguaggi
puri e contaminati, ma anche di problemi economici e produttivi, la
difficoltà di esportare il teatro made in Calabria, la fievole
risposta del pubblico e il vuoto istituzionale. Sono emerse delle
costanti molto interessanti nelle narrazioni, i legami familiari come
punto di partenza e fonte di smarrimento, oppure un fuori che fa
paura e attrae allo stesso tempo. Il teatro è sovente teatro di
comunità, legato al luogo in cui prende forma, è immerso nella
ritualità e nei miti fondativi, e rispecchia le strutture profonde
che innervano poi l’agire sociale. Emerge così l’atavica
attrazione e allo stesso tempo il sacro terrore per un fuori, quasi
sempre idealizzato, quasi sempre deludente, che il popolo calabrese
vive come opportunità ma anche come costrizione alla fuga da una
terra amara.
In Focus Calabria è stata forte anche la presenza
della denuncia, del teatro civile, della ricerca della scaturigine
della violenza, dell’indigenza, ma ci sono anche tanti racconti
personali, dal tono vagamente avanguardistico. Si è potuta
apprezzare la tradizione che si rinnova di sé stessa e che con sé
stessa rompe, per cambiare le forme e per raccontare il presente. È
apparso chiaramente anche il bisogno di rafforzare la rete critica
calabrese, di migliorarne la capacità di dialogare con il panorama
nazionale e discutere della produzione nostrana, per sostenerla e
criticarla.
Certamente un plauso va agli organizzatori del festival,
Dario De Luca e Settimio Pisano, rispettivamente direttore artistico
e direttore amministrativo di Scena Verticale e More, per il format
ben congegnato ed efficace. La possibilità di dialogare con i
critici Nicola Viesti (Hystrio), Sergio Lo Gatto (TeatroECritica) e
Graziano Graziani (Radio3 Rai, minima&moralia), è stata
un’importantissima occasione di confronto per i teatranti. Preziosi
i loro suggerimenti ma anche incoraggianti nel far comprendere che il
teatro calabrese ha tutte le carte in regola per essere esportato.
Gianbattista Picerno
(foto Angelo Maggio)
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