Misurarsi con Calderon non è
roba da tutti i giorni e il regista Francesco Saponaro lo fa egregiamente. Va in scena al Teatro Auditorium Unical in
doppia data (4 e 5 febbraio) la prima nazionale dello spettacolo prodotto da
Teatri Uniti in collaborazione con l’Università della Calabria, sodalizio
artistico nato circa nove anni fa quando Francesco Saponaro tenne il primo laboratorio
drammaturgico ad Arcavacata. Hanno partecipato all’allestimento dello
spettacolo anche un gruppo composto da studenti e dottorandi dell’Unical, dando
vita ad un felice esempio di sinergia fra accademia e mondo della produzione
spettacolare.
A fare da sfondo a tutta l’opera
è “Las meninas” il dipinto di Diego Velasquez che ha attratto l’attenzione di
artisti e studiosi provenienti dai rami più disparati: Jaques Lacan, Michel
Foucault, Pablo Picasso, giusto per fare qualche nome. L’opera di Velasquez
raffigura l’infanta Margherita con le sue damigelle, i suoi genitori Filippo IV
e Marianna d’Austria rappresentati in uno specchio, e a sinistra del fruitore
lo stesso Velasquez che, diremmo oggi con lessico cinematografico, guarda in
camera. L’artista sembra scrutare lo spettatore, oppure lo specchio in vi sono
riflesse le immagini che dipinge, l’illusione diventa vertigine. Un gioco di
specchi crea il vortice in cui siamo presi guardando l’opera. Ed è così il testo di
Pasolini, vorticoso ed osticamente erudito: è facile perdersi fra i riferimenti
espliciti a Barthes e Jakobson, e in quelli impliciti a Basaglia e Freud.
Amore, incesto, follia e
rivoluzione ai tempi della Spagna franchista, vengono narrati attraverso le
travagliate vicende di Rosaura (Maria Laila Fernandez) che si risveglia,
dimentica di sé stessa, in differenti condizioni sociali. Dapprima rampolla
aristocratica poi prostituta sottoproletaria e infine folle borghese, le
condizioni da cui inesorabilmente non si può evadere. A tratti sembra un elogio
dell’emarginazione, la forza pulsionale delle classi sottoproletarie viene
mostrata in tutto il suo splendore. Il giovane Pablo (Luigi Bignone) lascia
intenderlo fra le righe che solo i folli, i delinquenti e le prostitute possono
ambire all’uscita da questa gabbia sociale, la nostra identità, sia essa
aristocratica, borghese o proletaria.
Affascinano gli intrecci
linguistici, il castigliano e il dialetto partenopeo colorano di mediterraneo
la messa in scena. L’arrivo di Sigismondo (Andrea Renzi) dalla platea porta gli
spettatori all’interno della scena e li tiene incollati alle poltrone. Il ritmo
è incalzante, la drammaturgia musicale; Saponaro ci lascia la possibilità di
respirare solo nei momenti in cui la scenografia, costituita da tre pannelli
mobili, si sposta per permettere l’entrata e l’uscita del letto in cui Rosaura
si sveglia. Il cortocircuito cinematografico è realizzato grazie ad un proiettore
che permette la partecipazione filmata di Anna Bonaiuto nei panni doῆa Lupe . Gli
altri interpreti sono Clio Cipolletta (Stella, suora, Carmela, Agostina) e
Francesco Maria Cordella (Manuel, prete).
Unica nota negativa della
serata la scarsa partecipazione del pubblico rendese e cosentino, complici,
forse, il testo dalla non semplice comprensione, l’abitudine a spettacoli meno
impegnativi o di puro intrattenimento come mamma TV insegna. Il biglietto
intero costava diciotto euro, non pochi ma neanche troppi per immergersi nel
sogno di Calderon.
Gianbattista Picerno
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