Arriverà nelle sale cosentine il 5 settembre l’opera prima
di Max Mazzotta “Fiabeschi torna a casa” con Max Mazzotta, Lunetta Savino,
Ninetto Davoli, Diego Verdegiglio e Rita Montes. Il simpatico antieroe,
plasmato dalla matita del fumettista Andrea Pazienza e apparso in “Paz!”, ormai
quarantenne, disoccupato e single decide di lasciare Bologna per ritornare
nelle suo paese nativo. Colgo l’occasione per intervistare Max, Fiabeschi per
gli amici.
È il tuo primo film
come regista, perché hai deciso di partire dal Fiabeschi di “Paz!”?
Enrico Fiabeschi mi è rimasto dentro, ho sempre desiderato
approfondirlo. Un personaggio nato dalla matita di Andrea Pazienza, poi
sviluppato in un film, quello di De Maria. L’idea è stata quella di dargli una
vita propria. Fiabeschi sta per “fiabesco”, una persona che vive nel suo mondo,
libera dagli schemi. Da questo personaggio è nato il pretesto per raccontare
una storia del sud, un sud quotidiano, lontano dalla retorica. Le storie che
lui vive fanno parte della vita di tutti i giorni, in quella che definisco una commedia
poetica.
Il ritorno a casa di
Fiabeschi cosa rappresenta? Il mitico personaggio “scroccone” acquisterà nuove
consapevolezze? Cosa è cambiato nell’eterno studente fuoricorso?
Innanzi tutto ha quarant’anni! Il suo ritorno a casa è una
metafora, in realtà fa ritorno a se stesso, perché ogni tanto bisogna tornare a
se stessi, alle proprie radici. Riguardo alla consapevolezza in Enrico
Fiabeschi si presenta come una linea sottile attraverso la quale si rende conto
che in questo paese è un disadattato, come lo era a Bologna. L’unico posto dove
può essere è dentro se stesso, la vera casa è dentro di sè. Fondamentalmente
Fiabeschi non cambia, perché non si cambia nella vita, ma ci si rende conto di
come si è. E questo è già un cambiamento.
Qual è il tessuto
sociale su cui si incentra il film?
Il film è ambientato in un paese inventato della Calabria
che è Canalicchio, qui Enrico ritrova i vecchi amici (tutti disoccupati) e la
sua famiglia, compreso un fratello adottivo che non sapeva di avere. Si
barcamena in varie situazioni andando controtendenza, perché in genere tutti
partono per il nord, lui invece ritorna da Bologna, dopo aver lasciato
l’università, ormai quarant’enne, in una Calabria non scontata, dove non si
vedono il sole, il mare, e le cose belle di questa terra, ma un posto così
com’è, con i suoi pregi e i suoi difetti.
Max Mazzotta non è
solo un attore, ma anche un regista teatrale. Hai trovato delle difficoltà e/o
divergenze particolari nella tua prima esperienza come regista cinematografico?
Girare un’opera prima in cinque settimane non è facile. In
genere dovrebbe essere il contrario ed avere più tempo per girare, ma purtroppo
i soldi non erano molti. Comunque è difficile perché il cinema è il contrario
del teatro. A teatro costruisci un personaggio man mano, lo plasmi durante il
percorso. Mentre il cinema è diverso, vive d’improvviso, hai già una storia
all’inizio, giri una scena e questa viene immortalata ed è quella che rimane,
inoltre in poco tempo si riescono a girare pochi ciak, per cui devi essere
bravo a scegliere quello giusto. Mentre il montaggio in teatro è lineare, nel
cinema è scomposto, è da questo che nascono il tempo e il ritmo del film,
quando giri una scena devi tener conto del sentore del tempo altrimenti nel
montaggio avrai difficoltà nonostante questo possa fare miracoli!.
Mi daresti tre buoni
motivi per correre al cinema a vedere il tuo film?
(Sorride) Il primo
è che essendo un’opera prima, per chi mi conosce, potrebbe essere interessante
vedere il tipo di operazione fatta da uno che costruisce un film per la prima
volta. Il film è stato girato completamente a Cosenza e nei dintorni, e
racconta una storia di qua. Questa è una cosa che non capita spesso. Ho fatto
un lavoro sul territorio, ho usato il nostro linguaggio e sto investendo tutto me stesso, poi se piace
o meno è un discorso diverso. Il terzo motivo è la curiosità di come si è
evoluto questo personaggio, i paragoni con “Paz!” ci saranno sicuramente, ma
mentre a Bologna Enrico Fiabeschi restava un personaggio con una personalità
contaminata dall’ambiente, qui si spoglia e rimane se stesso.
Allora Max tanta
merda per la tua prima cosentina, si può dire in quest’ambito?
Certo, merda sempre!
Valeria Bonacci
Nessun commento:
Posta un commento