venerdì 25 marzo 2016

Al TAU il rock politico del Teatro degli Orrori. Intervista a Pierpaolo Capovilla

Il teatro degli Orrori, gruppo alternative rock che da circa dieci anni calca le scene del panorama musicale italiano, è sbarcato al Tau lo scorso mercoledì per un concerto che presenta il loro ultimo disco, un evento 'fuori stagione' organizzato da Be-alternative. Abbiamo incontrato nel foyer del teatro, poco prima del soundcheck, Pierpaolo Capovilla, voce e leader del gruppo veneto.

Per il vostro ultimo album avete deciso di non dare un “vero titolo” al lavoro ma semplicemente di definirlo “Il Teatro degli Orrori”, come mai questa scelta?
Avevamo a disposizione molti titoli in realtà, alcuni buffi e bizzarri, ma non riuscivamo a deciderci; poi pensammo, visto i momenti che corrono, che “Il Teatro degli Orrori”, ovvero il nome della band, bastasse. Ci sentiamo un po’ al nostro “debutto” perché questo terzo album, non più scritto in quattro ma in sei, è per noi un “nuovo esordio”, un lavoro corale e, come tale, ci siamo sentiti in dovere di chiamarlo con il nome della band, semplicemente per essere coerenti con il lavoro che avevamo fatto.
Ciò che maggiormente traspare da questo lavoro è un’immagine fortemente politica di un paese ormai sfasciato; alcuni brani dell’album, penso a “Il lungo sonno (lettera aperta al Partito Democratico)”, sono un vero e proprio attacco alla situazione politica italiana. Secondo voi c’è un barlume di luce o siamo destinati a naufragare in questo profondo abisso che stiamo vivendo?
Ho cercato di raccontare, canzone per canzone, del paese in cui vivo e del come io vivo in questo consorzio umano, cosa vedo intorno a me, quali sono le mie esperienze, i miei entusiasmi, le mie aspettative. In questo senso qui ho cercato, semplicemente, di scrivere delle belle canzoni in cui dietro il significante ci fossero dei significati, usando un linguaggio molto più urbano questa volta e meno letterario. Tutti i nostri cd sono politici per il semplice fatto che si è sempre cercato di fare una musica capace di scuotere chi l’ascolta, in contro-tendenza alle tante “canzonette” vuote che ci sono in giro ultimamente. In questo album ci sono due canzoni, diciamo, più “scherzose”. Una è, appunto, “Il Lungo Sonno” e l’altra “Sentimenti Inconfessabili” che sono due canzoni più ironiche e sarcastiche, dotate di uno sguardo più cinico che non potevo non dare, essendo un vecchio militante di sinistra, nei confronti della classe dirigenziale di un partito che mi apparteneva, quello di Berlinguer. Credo che l’artista debba sbilanciarsi in questo senso, far sentire la propria voce, avere un confronto, soprattutto per i giovani.
Qual è la strada che consigliate, alle nuove generazioni, per non soccombere alla crisi dei valori e all’atrofizzazione del pensiero che attraversa i giovani che abitano questa modernità?
Gramsci diceva: “Istruitevi e studiate. Abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza”. I giovani oggi sono naufragati, non per colpa loro ma per le circostanze storiche in cui si trovano, vengono manipolati da una cultura individualista sempre più egemone; ma, appunto, perché rappresentano il futuro ci si dovrebbe preoccupare un tantino in più dei giovani. Non mi sento di poter dare un consiglio tranne quello di “acculturarsi”, sempre. La cultura permette di emanciparsi giorno dopo giorno dalle circostanze storiche in cui si vive, ed anche dai limiti in cui è costretta la propria esistenza; limiti che non sono solo economici, ma culturali e politici. Se si riescono ad inquadrare questi limiti si può vivere con serenità questa modernità. Ma questo è possibile solo con la “cultura”.
L’anno scorso ha portato in giro, per molti teatri italiani, uno spettacolo su Pasolini. Come mai ha sentito il dovere di riportare in vita, oggi, Pasolini? E sente che quest’esperienza sia entrata, in qualche modo, all’interno dell’ultimo lavoro della band?
In realtà il lavoro su Pasolini è nato per caso. Non conoscevo il Pasolini poeta fino a quando non mi è stato chiesto di recitarlo. Accettai la sfida, inizia a studiarlo e me ne innamorai. Direi che, molta rabbia ed astio che c’è negli ultimi testi de “Il Teatro degli Orrori” siano ispirati direttamente dal testo pasoliniano e che quindi, quel reading, quello studio che feci, è entrato in maniera preponderante e per niente superficiale nell’ultimo cd della band.
A più di dieci anni dalla vostra nascita vi sentite di poter dire di avere degli eredi nello scenario della musica italiana? Chi è il nuovo “Teatro degli Orrori”?
Mi cogli di sorpresa! Non c’ho mai pensato in realtà. So che ci sono dei gruppi che ascoltano molto volentieri “Il Teatro degli Orrori”, che vengono anche ai concerti. Noi abbiamo un po’ rimischiato le carte della cultura musicale italiana, siamo riusciti a risvegliare qualche coscienza, ma non mi sembra di avere dei propri e veri “discepoli artistici”.

Davide Ioele

(foto di Pasqualino Caparello)


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