giovedì 11 marzo 2010

Economia del Mezzogiorno, esperti a confronto


Il Mezzogiorno è da sempre un tema “caldo” per la politica economica italiana. Dall’Unità ad oggi non c’è stato governo o istituzione che non si sia trovato a fare i conti con questa realtà. Unical e Banca d’Italia hanno cercato insieme di fare il punto sulla situazione nel convegno “Il Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia”, tenutosi lo scorso 5 marzo presso l’Aula Magna. Personalità del mondo bancario e professori universitari ne hanno discusso con esponenti delle istituzioni e con gli studenti, mettendo insieme analisi del lavoro fatto, valutazione dei risultati, e prospettive future. Il nostro paese continua a presentare la peculiarità di un divario interno apparentemente incolmabile, quello tra il Nord ed il Sud del paese, che non sembra dare alcun accenno a diminuire nonostante le attenzioni che al Meridione sono state rivolte. Un Meridione che però a guardar bene, come disse Ciampi, più che area sottosviluppata è da considerarsi area sottoutilizzata. I divari tra i due poli del paese toccano scuola, sanità, gestione dei rifiuti, delle risorse idriche, e delle risorse finanziarie. In realtà al Sud, come sottolinea il dottor Daniele Franco per sfatare alcuni luoghi comuni, la pubblica amministrazione non spende quella grande quantità di risorse pubbliche che si è portati a credere, e non c’è poi tanta occupazione pubblica rispetto ad altre regioni. Ha però maggiore incidenza, vista la minore presenza di occupazione privata. Occupazione privata che stenta ad aumentare significativamente viste anche le oggettive difficoltà di gestione di una impresa.
Anche dal punto di vista del credito si nota questa disparità. A rimarcarlo è il dott. Luigi Cannari, rappresentante della Banca d’Italia, che considera come al Sud i diversi tassi di interesse siano influenzati dai maggiori illeciti di natura economica, dalla più lenta giustizia civile centrale per il recupero dei crediti, e dalla presenza del lavoro sommerso. Politiche regionali, nazionali, e comunitarie, che avrebbero dovuto colmare la sperequazione tra i due poli del paese hanno avuto scarsi risultati nel concreto. Giovani e donne continuano a rimanere un bacino di risorse inutilizzate. Oltre a ciò è ripresa una “nuova emigrazione”, più preoccupante di quella passata perché interessa individui giovani e istruiti, capitale prezioso che potrebbe giocare un ruolo centrale in un processo di ripresa delle nostre regioni. Allo stato attuale però un laureato del Sud solo a due anni dalla laurea inizia ad avere probabilità di lavoro maggiori rispetto ad un diplomato del Nord. Come dire “meglio un diploma in Lombardia che una laurea in Calabria”, almeno nel breve periodo. Resterebbe da sperare nel lungo periodo, sempre che intanto il laureato non abbia deciso di accrescere le fila della “nuova emigrazione”.
Politici e burocrati, criminalità organizzata, sindacati, ed organizzazioni imprenditoriali sono, secondo il prof. Damiano Silipo, nell’ordine citato i responsabili dell’attuale stato di cose del Mezzogiorno. Politici interessati alla rielezione e burocrati aspiranti al potere sono stati responsabili di una parcellizzazione della spesa pubblica che, cercando di accontentare più individui possibile, non ha prodotto risultati veramente incisivi per la società. Altro stakeolder influente è la mafia, che impedisce alle imprese sane di entrare e restare sul mercato, e pur essendo organizzazione ricca e potente non ha interesse ad investire nei settori che creano sviluppo. Infine l’influenza sui Sindacati della politica, e sulle organizzazioni imprenditoriali da parte della criminalità organizzata, sono tali da atrofizzarne qualsiasi loro ruolo positivo nel processo di sviluppo. Sull’ordinamento gerarchico proposto da Silipo dissente in parte Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto di Reggio Calabria noto per il suo impegno antimafia, che sottolinea invece il ruolo primario svolto dalla ‘Ndrangheta nel freno allo sviluppo del Sud, e della Calabria in particolare. La politica infatti si rivolge alla criminalità organizzata perché bisognosa del pacchetto di voti che gestisce, cosa evidenziata anche da recenti casi di cronaca. La ‘Ndrangheta ne esce sempre più come un’organizzazione arrogante, e ricca, anche se la sua ricchezza è nelle mani del solo 10% dei suoi membri. È ormai un problema che non tocca solo la Calabria. Riguardo alla possibilità di una sconfitta delle mafie Gratteri è però realista: “La mafia – dice – non si può sconfiggere, di certo non con slogan. Ma bisogna arginarla con coraggio”. Nessuno però ha fatto molto in questa direzione, ad iniziare dai governi di entrambe le parti che, afferma il procuratore antimafia, hanno messo in atto solo misure palliative. A sostenere ciò è un Gratteri che si definisce “bipartisan”, visto che dice simpaticamente di “provare il massimo della disistima per entrambe le parti”.
Quali sono le prospettive dunque? Se il problema dopo centocinquanta anni di Unità resta tale, è segno che non vuole risolverlo nessuno, dice il prof. Massamormile. Legalità, merito ed etica sembrerebbero le parole chiave della svolta, anche se resta il fatto che ci si ritrova la classe politica peggiore d’Europa, imprese che non sempre operano in trasparenza, e interventi pubblici a pioggia scarsamente efficaci. Il federalismo in via di realizzazione poi, secondo Silipo, risolleverà o affosserà del tutto la situazione del Sud. Un Sud che per anni è stato considerato quasi il “bancomat” del Centro Nord, e che di ricette miracolose in questi giorni di campagna elettorale di certo ne sentirà tantissime.

Lorenzo Coscarella

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