lunedì 30 novembre 2009

Violenza sulle donne, una giornata per riflettere ed agire



Calci, bastonate, ossa rotte, stupri domestici. In Italia i maltrattamenti, anche molto gravi, riguardano una donna su tre. Per questo il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne è diventata una ricorrenza sempre più sentita e partecipata anche nel nostro Paese e all’interno dell’Università.
Nell’Aula Caldora si è tenuta infatti la lezione conclusiva del Corso Donne, Politica e Istituzioni e si è visto un documentario “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi, nell’ambito della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
E’ il segno che le donne stanno trovando il coraggio di alzare la voce, di denunciare gli uomini, di sfilare tutte assieme per dire basta a pugni e insulti alla dignità femminile. Sono ormai diversi anni che l’Università della Calabria e in particolar modo la Facoltà di Scienze Politiche in primis nelle persone della professoressa Donatella Barazzetti, Renate Siebert, con l’appoggio dei Presidi d’Ignazio e Gambino che sin dall’inizio hanno sostenuto con grande attenzione e con grande entusiasmo questo corso, ha fatto propria questa battaglia civile. La tavola rotonda è stata molto ricca e concreta: a partire dalla coordinatrice Giovanna Vingelli (Centro di Women’s Studies “Milly Villa”), alla professoressa Rossella Morrone che ha sostituito degnamente la professoressa Giuliana Mocchi (Presidente Comitato Pari Opportunità) a causa di motivi di salute (ci auguriamo che stia meglio), ai due avvocati Stella Ciarletta, Consigliera di parità Regione Calabria e Rosellina Madeo, Consigliera di Parità Provincia di Cosenza, alla professoressa Sandra Plastina e finendo con tutti gli altri interventi programmati.
Solo un’italiana su dieci denuncia una violenza o un maltrattamento. Il motivo? Il 65% dei casi, ritiene che non sia un reato grave. <> dice Rosellina Madeo. Donne lese nell’autostima, continuamente mortificante anche davanti ai figli. <> interviene Stella Ciarletta. <>. Donne che restano a fianco del partner per motivi psicologici, ma anche per questioni pratiche:casa, mutuo, figli. Ma come nasce la violenza? <> dice Rossella Morrone. Agire, quindi, sull’educazione dei più piccoli. E poi servono interventi concreti, dall’illuminazione dei parcheggi ai taxi rosa. Con un punto fermo: non è mai colpa della donna. Non è mai una colpa subire una violenza. <> conclude la professoressa Donatella Barazzetti (Coordinatrice scientifica del Corso Donne, Politica e Istituzioni e Direttrice del Centro di Women’s Studies “Milly Villa”).
<> afferma la professoressa Renate Siebert, Facoltà di Scienze Politiche e ancora << Come ci insegna la fenomenologia e le teorie sulla realtà sociale come costruzione, noi produciamo giorno per giorno la realtà che ci circonda e attraverso il linguaggio attribuiamo significato ai fenomeni sociali e contemporaneamente diventiamo e siamo le parole che ascoltiamo. E’ evidente che questo ragionamento non vada soltanto per le parole, ma appare molto pertinente anche per le immagini. Parole e immagini di tipo sessista e/o razzista che comunemente suggeriscono una naturalezza dell’essere diversi, strutturano la nostra percezione, ci suggeriscono che certe relazioni sono quelle che sono con ovvietà mentre ci appannano la vista sul fatto che si tratta di costruzioni di prodotti storici e sociali che possono anche essere decostruite e cambiate>>.
Ricordo quand’ero piccola, mia madre diceva a Mario, mio fratello: <>. Questo per dire quanto conta il ruolo dell’educazione. Il Femminile non ha bisogno dell’uomo per stare bene. E’ forte, ha un potere provvidenziale, sa rinascere. Dobbiamo prenderci cura della Donna che è in noi, rispettarla, amarla, farla divertire. Servono nuove leggi, ma non solo: le donne devono essere consapevoli della propria dignità, rompere il silenzio e stabilire tra loro rapporti di solidarietà. Poi c’è bisogno di fatti concreti:aumentare i centri di antiviolenza e case protette, con maggiori finanziamenti.

Dalila Barrile

Agroalimentare, all'Unical il laboratorio pilota


Un progetto tutto calabrese sulla filiera agroalimentare porta all’Unical un nuovo importante laboratorio. Si chiama “Quasiora”, sarà diretto dal prof. Giovanni Sindona, ordinario di Chimica all’Unical, ed è uno dei quattro laboratori presentati durante la conferenza stampa che si è tenuta mercoledì 25 novembre nell’aula “Terenzi” del dipartimento di Chimica che rientra nell’Accordo di programma quadro per la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. Si tratta di laboratori pubblici di ricerca che saranno aperti nelle tre Università calabresi nell’ambito del settore agroalimentare. Il laboratorio Quasiora sarà l’unità di coordinamento e operativa dei laboratori interfiliera.
L’obiettivo principale del progetto è quello di dare una certificazione ai prodotti agroalimentari calabresi e non solo, infatti le istituzioni coinvolte sono orientate anche al mercato europeo. L’idea da cui si parte è che le piccole aziende devono fare prodotti di qualità altrimenti corrono il rischio di uscire dal mercato e la qualità deve essere certificata, dato che viviamo nell’era globale in cui vige il conformismo e c’è un’invasione di prodotti scadenti, bisogna pur fare una distinzione tra prodotti di qualità e prodotti di massa. Il lavoro della filiera agroalimentare consiste proprio in questo.
Dalla presentazione è emerso anche un secondo obiettivo che consiste nel coinvolgere le imprese calabresi nel progetto, queste infatti dovranno essere il motore dello sviluppo del territorio calabrese. Il progetto quindi ha l’ambizione di mettere insieme: ricerca, territorio e politica.
Si è partiti da un accordo che vede come protagonisti principali le tre Università calabresi e la Regione Calabria ma anche il Cra-Oil (centro ricerca olivicoltura e industria olearia), l’Arssa (agenzia regionale per lo sviluppo e i servizi in agricoltura), il Cnr-Isafom (centro nazionale di ricerca- ist. studio dell’atmosfera e del clima) e il Cnr-Isac (centro nazionale di ricerca- ist. sistemi agricoli e forestali del mediterraneo).
Oltre al laboratorio Quasiora sono stati presentati altri tre laboratori che saranno coordinati dalle tre Università calabresi: Lipac, Agribiotech e Agromater. Il primo avrà come attore principale nella gestione della ricerca l’Università degli Studi della Calabria, il secondo e il terzo l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria.


E’ la prima volta che le tre università calabresi si presentano come unica istituzione per concorrere ad un bando pubblico. Il rettore dell’Università di Reggio Calabria Massimo Giovannini durante il suo intervento ha definito le tre università come una cooperativa e il settore agroalimentare come il banco di prova di questa cooperativa.
Suggestivo è stato anche l’intervento del rappresentante della Regione Calabria Rossi poiché ha sottolineato l’importanza della ricerca sul territorio calabrese, in particolare ha sostenuto: “la ricerca in Calabria è poco visibile, quindi per valorizzarla si vuole creare in questa regione un centro di ricerca formato da laboratori interfiliera che coinvolge i maggiori centri istituzionali e di ricerca calabresi”.
Il principale obiettivo del laboratorio Quasiora è quello di ottenere un rapporto qualità /sicurezza dei prodotti. “Era ora che in Calabria si facesse una cosa del genere” afferma il prof. Sindona.
Nel progetto generale è previsto che il laboratorio dell’Unical duri tre anni ma l’auspicio è che prosegua anche oltre. Inoltre per incentivare la ricerca di base saranno messe a disposizione dei giovani anche alcune borse di studio.

Giovanna Terranova

domenica 29 novembre 2009

"Cambiare per sopravvivere", l'amara lezione del Career Day



“Quella che sopravvive non è la specie più forte ma quella più pronta al cambiamento”. Questo il filo conduttore dell'incontro tenutosi il 18 Novembre all'università della Calabria. Non stiamo parlando di un corso di sopravvivenza ma quasi. Si tratta della possibilità, per i quattrocento laureati e laureandi che hanno presentato le proprie credenziali attraverso curriculum, di trovare un posto di lavoro stabile, quell'”a tempo indeterminato” che tanto si cerca e che è sempre più difficile trovare in Italia. Questa sembra una buona occasione date le aziende accorse al richiamo dell'Unical. Aziende prevalentemente calabresi (salvo alcune eccezioni): Confindustria Cosenza, Il Quotidiano della Calabria, Delvit Chimica, Istituto Helvetico Sanders (sede a Perugia con progetto di aprire due centri in Calabria, rispettivamente a Reggio Calabria e Cosenza), Everis Italia (presente in Europa e Sud America), E.D.P. Electronics Devices Power, Visiant, Consorzio Sociale Goel, Banca Mediolanum.
L'opportunità di ascoltare le parole di rappresentanti così importanti ha fatto gola a tanti sicuramente, ma con un po' di pubblicità in più forse anche i meno informati sarebbero accorsi all’evento.
Evolversi, cambiare, ma in che senso? Non si corre forse il rischio che questo dover cambiare, questo dover evolversi troppo rapidamente, invalidi tutte le conoscenze acquisite in precedenza?
Abbiamo provato a chiederlo a Francesco, 20 anni, uno degli studenti dell'Unical interessati ma non informati dell'evento. “Sono uno studente al terzo anno di ingegneria. Già nell'ambito che mi compete noto un certo dislivello tra gli strumenti utilizzati e insegnati nella nostra università e quelli che invece si andranno ad utilizzare in un mio ipotetico lavoro futuro da ingegnere. Saper adattarsi è importante, ma una cosa è parlare di adattamento, altra cosa è il cambiamento sostanziale a cui si assiste giorno dopo giorno. Questo rischia di rendere inutili gli sforzi di noi studenti che vediamo invecchiare il nostro capitale cognitivo. Il foglio di laurea così finisce solo per attestare che abbiamo delle conoscenze troppo arretrate e inutili per entrare nel mondo del lavoro”.
Il giorno della carriera tenutosi in Aula Magna appare quindi come un'occasione per confrontarsi col mercato del lavoro, ma diventa per molti anche un invito a pensare a questo cambiamento continuo. Solo in alcuni casi poi, nei colloqui seguiti alla presentazione dei nove rappresentanti delle aziende, si è mostrato un interesse reale dell'offerta. Una di queste è stata ovviamente Confindustria di Cosenza, che, in quanto associazione degli industriali, rappresenta diverse industrie della provincia, perciò non a caso è stata la destinataria di più curriculum da parte dei laureati.
Altro spunto di riflessione l'hanno offerto le parole del Dott. Esposito di Everis Italia. “Cerchiamo studenti con metodo, persone con talento, gente che non conclude un progetto per poi lasciarselo alle spalle, ma che lo amalgama alla propria formazione, lo inserisce nel proprio capitale cognitivo. Mi riferisco anche agli esami da voi sostenuti, che non dovrebbero essere fini a se stessi come spesso accade”.
Lo studente italiano, difatti, oggi considera l'attività universitaria come un'azione con uno scopo diverso da quello di formarsi professionalmente. E’ già con un piede nel mondo del lavoro e, considerandolo come fine da raggiungere per mantenere i bisogni primari, studia per ottenere qualcosa che forse potrà consentirglielo, ovvero la laurea. Per fare ciò non bada alla creazione di un bagaglio di sapere da accrescere sempre più nella speranza di realizzarsi nell'ambito lavorativo a lui gradito. Gli esami diventano perciò solo ostacoli da superare per raggiungere un obiettivo superiore, ovvero un foglio di carta con su scritto “dottore in...”.
Il Career day è stata dunque un'occasione per riflettere, per misurare le aspettative dei giovani ragazzi dell'Unical, per cercare, forse inutilmente ma questo sarà il tempo a dirlo, di inserirsi in ambiti lavorativi. Ma questa giornata è servita soprattutto per far capire ai giovani laureati d'oggi che, qualunque sia la strada che andranno a percorrere, la cosa più importante è “essere flessibili con idee verso l'innovazione”.

Antonino Policari

venerdì 20 novembre 2009

La lunga strada della sinistra nell'ultimo libro di Fausto Bertinotti


"Noi, gente di sinistra, viviamo nella paura. La paura, a volte sotterranea, a volte dichiarata, che la sinistra non ci sia più. Che essa sia scomparsa non solo dal parlamento e dai grandi media, ma dalla società, dalla cultura e perfino dalla vita quotidiana. E c'è addirittura chi pensa che non sia un'assenza temporanea, ma una vera e propria fine storica. Questa sensazione di scomparsa l'avverto anch'io, la sento sulla pelle, la vivo nei luoghi che non ci sono più. Perché i luoghi non sono, nient'affatto, soltanto dimensioni territoriali, o geografiche: per la sinistra sono sempre stati momenti di rapporto e di relazione, costruzione di politica, affermazioni di senso."
Sono parole di Fausto Bertinotti che trovano sfogo nel suo ultimo libro “Devi augurarti che la strada sia lunga” scritto a sei mani, con le giornaliste Ritanna Armeni e Rina Gagliardi per Edizioni Ponte alle Grazie. Il titolo del libro è un verso del poeta greco Costantino Kavafis, che nella sua Itaca scrive “Quando ti metterai in viaggio per Itaca, devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze”. Detto altrimenti potrebbe suonare: l’importante è il viaggio non la meta.
Come quando per il movimento operaio la meta era lo Statuto dei lavoratori o il contratto collettivo dei metalmeccanici, ma l’importante era la costruzione dello sciopero e la forte presa di coscienza durante il cammino, l’educazione sentimentale, la rivoluzione di sé prima che la rivoluzione mondiale.
E’ un Fausto meno retorico e più problematico, e in questo senso più politico, quello che si è presentato giovedì mattina all’Università della Calabria, nella stessa Aula Magna piena di studenti che ha infiammato tante volte. Ma stavolta non si canta bandiera rossa. “Storicamente abbiamo avuto sempre molte sinistre - ricorda Bertinotti – riconducibili almeno a due: una moderata e una radicale. Oggi non ne abbiamo neanche una”. Sono state entrambe sconfitte in Europa, definitivamente negli anni ’80 con l’avanzata dei governi di centrosinistra, ma la sconfitta è graduale e risale alla crisi del movimento operaio, quando negli anni Sessanta il partito comunista è incapace di cogliere le trasformazioni del lavoro di cui sono portatori l’operaio di serie e lo studente di massa. Ed oggi che il capitalismo finanziario globalizzato è entrato in crisi, oggi che i movimenti sociali hanno finalmente ragione agli occhi del mondo, dov’è la sinistra? Mentre in America Latina si riconquistano ampi spazi di democrazia, come in Bolivia o in Uruguay, con un presidente cocalero e uno tupamaros, in Europa la sinistra non si trova.
Il subcomandante Fausto racconta la sua educazione sentimentale, partita dall’esperienza vissuta con le operaie tessili e terminata come lui stesso ebbe modo di riconoscere “nel peggiore dei modi” con la sconfitta dell’aprile 2008. Ha un ottimo compagno di viaggio in questo peregrinare nella memoria sua e del Paese. Franco Piperno gli ricambia la cortesia e così come Fausto venne all’Unical a discutere criticamente il libro del professore sul Sessantotto, allo stesso modo il professore non si risparmia nell’approccio dialettico. Apprezza la connotazione positiva data dall’autore alla figura dell’operaio, attore consapevole del cambiamento in fabbrica e nella società, non povero o derelitto ribelle per disperazione. E sottolinea soprattutto il coraggio dell’uomo politico Bertinotti, che si è preso la responsabilità delle sue scelte (come quella infelice di diventare presidente della Camera), dimettendosi con onestà difronte alla sconfitta. “Ci sarebbe bisogno di più digiuni di potere da parte di tanti uomini della sinistra” secondo Piperno, il primo modo, uno dei tanti, per cominciare a fare qualcosa di sinistra.
Insomma se bisogna augurarsi che la strada sia lunga, dice Piperno, io mi auguro che si ritorni sulla strada, perché è dalla strada che si impara, non dalle segreterie di partito. L’unica democrazia possibile è quella partecipata, non quella rappresentativa, che ormai ha ampiamente dimostrato tutti i suoi limiti. Ed in questo forse, Fausto conviene quando riconosce che bisogna riconquistare uno spirito di rivolta individuale, in ogni momento e in ogni luogo, e riprendere il conflitto sociale come dimensione dell’agire collettivo.
Difronte a cotanta speme, noi ci permettiamo di sdrammatizzare concludendo con le parole che Jena, alias Riccardo Barenghi, dedica al nuovo libro di Fausto Bertinotti: Il nuovo libro di Bertinotti si intitola “Devi augurarti che la strada sia lunga. Tranquillo, Fausto, sarà lunghissima.

Daniela Ielasi

lunedì 2 novembre 2009

Potenziamento... di solidarietà


Le matricoline del corso di laurea in scienze dell’educazione, mentre frequentavano i corsi di potenziamento nel mese di settembre hanno avuto una sorpresa. La dott.ssa Marilù Pallone che faceva loro lezione, aveva chiamato in aula alcuni ospiti per un esercizio di dibattito. Un giornalista, un commercialista, un grafico, una contabile. Argomento del dibattito: il volontariato.


I nostri quattro ospiti dai diversi mestieri erano infatti tra i soci più attivi dell’associazione Mani che aiutano. “La nostra è un’associazione che nasce nelle strade della città simbolo della solidarietà: Calcutta. Il luogo dove Madre Teresa ha portato a compimento un progetto di dedizione senza riserve a migliaia e migliaia di persone di ogni età, sesso e religione tra malattie, miseria ed emarginazione”, così apre la discussione Christian, laureato in quella stessa aula in Filosofie e Scienze della Comunicazione e della Conoscenza, giornalista, presidente dell’Associazione. Continua Marco, il commercialista “ Come partecipare a questo progetto? tutto quello che noi abbiamo fatto è stato avvicinarci con rispetto a questo mondo e il resto è venuto da se”. Sergio, il grafico si inserisce: “Bisogna essere pronti ad aiutare a lavare i piatti, a fare il bucato, ad assistere nell’igiene personale, a imboccare chi non puo’ nutrirsi”.
Gli studenti alzano la mano. Vogliono rispondere e partecipano con entusiasmo crescente a questa lezione particolare. Hanno trovato la motivazione per discutere e forse hanno anche scoperto una forma di solidarietà che non conoscevano.
Qualcuno è andato poi a cercare l’associazione nella sua sede in via dell’Amicizia a Castrolibero.

Dalila Barrile