Riceviamo e pubblichiamo il commento del Filorosso alla notizia delle elezioni del rettore volute dai presidi e votate dall'ultimo Senato accademico.
Un
moto d’orgoglio ha scosso finalmente le colline di Arcavacata. Dopo il terzo
mandato ottenuto con una legge ad personam e la proroga di un anno consentita
dalla legge Gelmini, difronte alla proroga bis per il Magnifico i presidi e il
personale hanno ritrovato l’unità e la dignità di opporsi. Intendiamoci, siamo
contenti, prima se ne va questo rettore meglio è. Ma i danni degli ultimi cinque
anni saranno difficili da riparare, danni fatti anche grazie alla complicità
più o meno esplicita degli stessi attori che oggi si ribellano al sovrano.
Primo danno: il Centro Residenziale. La
gestione privata dei nuovi alloggi è solo l’ultimo tratto di un lungo disegno
che ha portato allo smantellamento progressivo di un settore altamente
competente e specializzato nella gestione diretta del diritto allo studio. Quello
che era il fiore all’occhiello dell’Unical si è trasformato in un orpello, la
residenzialità ha ceduto il passo al modello “casa dello studente”, dormitori
senza identità vuoti di abitanti e cittadini e pieni di pendolari, appartamenti
che rischiano di rimanere deserti perché il Campus non è appetibile né
desiderabile da vivere per un giovane che oltre a studiare vuole conoscere
altre persone, crescere e confrontarsi in un ambiente culturalmente vivace e
dinamico. La mobilità dentro e verso l’Unical non è degna di un campus: autobus
insufficienti, automobili ovunque e biciclette stipate in un magazzino, non un
passo è stato fatto per migliorare la vivibilità.
Politiche socioculturali. Il campus è
moribondo e l’amministrazione Latorre non solo non ha fatto nulla per
contrastare questa tendenza ma l’ha addirittura accelerata con le sue scelte
autoritarie. La demolizione l’estate scorsa del Filorosso, che per 17 anni si è
adoperato per la socialità e l’aggregazione studentesca, perseguendo
attivamente un modello di “comunità universitaria”, era parte integrante del
disegno normalizzatore del Grande Rettore. Aspettiamo ancora di vedere
inaugurare il centro di aggregazione giovanile, di cui già un anno fa il
rettore annunciava l’imminente apertura: comunque inadeguato per attività che
contemplino la partecipazione di oltre venti studenti, il centro resta chiuso
per evidenti errori di progettazione che lo rendono impraticabile con le
piogge. E mentre i teatri finalmente ultimati dopo ingenti investimenti vengono
arbitrariamente affidati ai privati, il Cams non possiede neanche un telone per
proiettare un film all’anfiteatro.
Il terrorismo finanziario. L’ultimo
mandato del rettore Latorre è stato caratterizzato dal ritornello stonato dei
tagli al FFO. Per ogni buona proposta avanzata, per ogni lavoratore sgradito, la
canzoncina è stata sempre “non ci sono soldi”, salvo poi perpetrare sprechi di
ogni sorta ed elargire consulenze ai dirigenti in pensione.
La coscienza studentesca. Il danno
peggiore è stato l’azzeramento della coscienza studentesca, attraverso la
repressione dei movimenti più radicali e il foraggiamento di pochi politicanti
di mestiere lontanissimi dal rappresentare le istanze degli studenti. Per
l’obbedienza prestata costoro oggi godono di favori personali noti a tutti, come
l’assunzione a tempo indeterminato dei congiunti più prossimi o addirittura di
se stessi.
La democrazia. Auspichiamo che il nuovo
rettore metta mano con urgenza alle storture contenute nel nuovo Statuto, prima
fra tutte la nomina del CDA, prevedendo piuttosto una sua democratica elezione.
Purtroppo non sarà sufficiente questo per tornare al clima di confronto
dialettico e costruttivo che caratterizzava l’Unical dalla sua nascita. Il
familismo che pervade i cubi è un dato con il quale bisognerà misurarsi a
prescindere da chi sarà il nuovo rettore. La decisione del Senato apre uno spiraglio
su una realtà carica di astio e sofferenza. La prepotenza, la minaccia e
l’insulto che hanno caratterizzato gli ultimi anni dell’era Latorre dovranno
essere banditi dai luoghi della formazione e della cultura.
Ognuno
dovrà fare la sua parte affinchè l’ateneo più grande della regione torni ad
essere riferimento culturale per tutti i calabresi e non solo. Perchè
l’Università torni ad essere un bene comune non serve un uomo solo al comando
ma la partecipazione attiva di tutti i suoi protagonisti, dagli studenti ai
docenti, dai dipendenti alle associazioni. E noi continueremo a fare la nostra
parte.
Filorosso 1995
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