lunedì 12 marzo 2012

Muore dottorando, la seduta non si ferma

Si è schiantato il 5 Marzo nella Cinquecentorossa che aveva vinto l’anno scorso al festival del peperoncino: è morto così Alessandro Roberto Spadafora, 44 anni, dottorando dell’Unical in Ingegneria dei Materiali e delle Strutture. Non un manifesto dal Dipartimento come si usa fare quando muore uno del gruppo, quasi fosse una morte da dimenticare. Invece i suoi amici e colleghi vogliono ricordarlo: seppure fosse un tipo piuttosto chiuso e introverso, a tratti scontroso, Alessandro nascondeva un animo generoso e fragile. Era disponibile con gli studenti che riceveva anche oltre l’orario stabilito dal suo contratto di esercitatore. Ma soprattutto era un ricercatore appassionato: dopo la laurea in Ingegneria, aveva esercitato la libera professione per dieci anni, confrontandosi con le difficoltà del lavoro autonomo e precario, e a 40 anni era tornato a studiare vincendo il dottorato. Stava lavorando su un nodo trave-pilastro, ne studiava duttilità, resistenza, attraverso software e prove di laboratorio. Negli ultimi tempi si era chiuso in laboratorio per ultimare la tesi di dottorato, che percepiva come una prova davvero impegnativa. Per questo era diventato ancora più schivo e solitario, specie dopo la morte del padre l’anno scorso: da quel momento tutto era cambiato, anche il rapporto con amici e colleghi, che non aveva invitato neanche al suo matrimonio, il 28 dicembre scorso. 
 Alla moglie ha scritto una lettera, prima di salire in macchina per l’ultimo viaggio: quella Cinquecento rossa era stata per Alessandro una fortuna troppo grande, che presagiva nella sua mente inevitabili sfortune. Infatti il lutto subito dopo gli aveva rallentato lo studio, e per questo aveva chiesto una proroga del dottorato: una richiesta comune fra i dottorandi, deludente forse per chi ha un’altra aspettativa di sé. Se non avesse chiesto la proroga si sarebbe dottorato l’8 marzo insieme ai suoi colleghi, e forse non è un caso che solo pochi giorni prima la sua macchina sia uscita di strada per sempre, sotto la spinta di una liberatoria accelerata. Un suo collega di dieci anni più giovane, Alessandro Manna, quel giorno si è dottorato comunque, “ma non è stata una festa” ricorda. Quella seduta forse poteva essere rinviata ma l’università ha preferito tirare dritta, senza frenare. 
Daniela Ielasi